Rivoluzionario e liberatore del popolo cubano per molti; feroce dittatore per altri. La figura di Fidel Castro resta tra le più controverse del XX secolo. In politica non esistono angeli o diavoli e Fidel resta un gigante dalle politica capace, alla guida del governo di una piccola isola caraibica, di essere per tanti anni una spina nel fianco degli Stati Uniti. A Cuba, l'amministrazione Castro ha, di fatto, portato alla prima, vera alfabetizzazione del Paese ed a fondamentali riforme sanitarie ed agrarie. Ha scelto di schierarsi dalla parte del blocco sovietico da cui, ideologicamente, era ispirato.

Ha difeso la sua rivoluzione anche dinanzi al tempo che avanza ed al mondo che cambia, le cui pieghe gettavano ombre di anacronismo su quel colpo di Stato idealizzato da intellettuali e poeti. Non c'è dubbio che sia sopravvissuto al comunismo, dissolto insieme all'URSS nel 1989. Con Fidel Castro, pertanto, muore l'ultimo comunista della Storia.

Un'eredità malgestita

L'esempio di Fidel Castro ha indubbiamente avuto i suoi riflessi sul continente latinoamericano e questi sono stati duramente contrastati dagli Stati Uniti d'America che non potevano permettersi ulteriori 'scomodi vicini'. Il presidente cileno Salvador Allende è stato il primo leader marxista democraticamente eletto in Sudamerica, il suo governo venne abbattuto nel 1973 dal feroce Golpe militare di Augusto Pinochet nei confronti del quale il sostegno statunitense fu innegabile.

Ma l'opera di Washington fece di peggio, nel suo ossessionante tentativo di difendersi dal "pericolo rosso". L'Operazione Condor venne patrocinata dalla Casa Bianca (alcuni pensano che venne direttamente ordinata da Washington, ndr) ed aveva lo scopo di scongiurare il ripetersi di nuove svolte a sinistra in tutta l'America Latina, con metodi estremi come il Golpe Argentino del 1976.

Gli Stati Uniti cercarono anche di influenzare il governo sandinista del Nicaragua, dove il Fronte di Liberazione Nazionale che prese il potere nel 1979 fu il primo esecutivo rivoluzionario a concedere libere elezioni, perse poi definitivamente nel 1990. Negli anni a venire, un nuovo vento di sinistra soffierà sul continente, quello del neobolivarismo di Hugo Chavez in Venezuela, di Lula Da Silva in Brasile, di Nestor Kirchner in Argentina e di Evo Morales in Bolivia.

Siamo nel periodo a cavallo tra i due millenni, i primi anni del XXI secolo di fatto hanno decretato un iniziale successo di questa socialdemocrazia progressista rimasta però prigioniera delle sue contraddizioni. I leader suddetti ed i loro successori non hanno mai gettato al macero l'esempio della rivoluzione castrista a Cuba ma hanno cercato di adeguare l'ideologia ai tempi. Oggi possiamo dire che il neobolivarismo ha fallito.

Il futuro di Cuba

Fidel Castro, causa l'età avanzata ed i noti problemi di salute, era da tempo ai margini della politica cubana ed internazionale, relegato al ruolo di monolitico e, tavolta, ingombrante monumento. La sua morte chiude un'epoca ma quella nuova era stata già aperta dal fratello, Raul Castro, che regge il governo dal 2008 e che ha dato luogo alle riforme ed avviato anche il processo di normalizzazione dei rapporti con gli Stati Uniti.

Washington, dopo i fatti della Baia dei Porci e la crisi con l'URSS del 1961, aveva accettato di non interferire più sulla politica interna di Cuba ma mantiene tutt'oggi il lungo embargo avviato nel 1962. Nel 2014 l'ormai ex presidente Barack Obama aveva prospettato l'idea di porvi fine, argomento di cui si è discusso anche la scorsa primavera in occasione della storica visita dello stesso Obama sull'isola. Con la presidenza di Donald Trump però l'embargo potrebbe essere mantenuto, stando ad alcune dichiarazioni del neopresidente nel corso della campagna elettorale. E così, anche dopo la morte di uno degli uomini simbolo del XX secolo, quello che fu un effetto diretto della guerra fredda potrebbe restare in piedi.