Negli ultimi mesi in Turchia il governo sta mettendo in pratica una campagna denigratoria davvero feroce verso i presunti avversari politici. Da luglio 2016 ci sono stati circa centomila licenziamenti e quasi quarantamila arresti nei settori più disparati del mondo del lavoro.

L'accusa è sempre la stessa: appartenere o essere in collegamento con le organizzazione terroristiche, o comunque essere collegabile in modo diretto con Fethullah Gülen, il predicatore che si trova attualmente negli Stati Uniti e accusato di essere il principale promotore del tentativo fallito di colpo di stato del 15 luglio 2016.

Da quel giorno il governo turco ha attuato una politica feroce che culmina in licenziamenti e arresti di massa che ne stanno compromettendo l'immagine democratica.

La censura della stampa

Il 1 novembre l'indignazione è giunta ad un punto quasi insopportabile. Dopo la chiusura di una quindicina di giornali d'opposizione è arrivata la notizia dell'arresto di Murat Sabancu, direttore del quotidiano Cumhuriyet. Fondato nel 1924, è il più antico del paese e ancora oggi viene considerato un simbolo del giornalismo laico ed indipendente. Già nel 2015 il direttore Can Dündar e altri collaboratori erano stati arrestati a seguito della pubblicazione di una notizia su un camion carico di armi e diretto in Siria.

Gli arresti di Sabancu e altri giornalisti giungono sullo stesso filone di accuse da parte del governo turco. Decine di giornalisti e politici di opposizione hanno pubblicamente protestato contro gli arresti presentandosi davanti alla sede del quotidiano muniti di una delle copie di Cumhuriyet.

Ma negli ultimi giorno continuano ad arrivare aggiornamenti preoccupanti.

Il 4 novembre è stato arrestato Selahattin Demirtas, il leader del Partito democratico del popolo (Hdp). L'accusa è quella che il governo turco sostiene fin dal 2013 (anno in cui è stato fondato il partito), ovvero quella di essere affiliato al Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk) che a sua volta è designato come fuori legge, alla stregua delle organizzazione terroristiche.

Insieme a Demirtas anche altri parlamentari dell'Hdp sono stati arrestati. Il partito è la terza forza del paese dopo aver ottenuto il 12,7% dei voti nelle elezioni di giugno 2015. Il giorno stesso degli arresti molte persone hanno protestato con vari episodi di scontri contro la polizia. Ma non solo: nei pressi del commissariato di Diyarbakir è esplosa un'autobomba che ha ucciso due poliziotti e sette civili. In segno di protesta contro il governo, i parlamentari dell'Hdp hanno deciso di boicottare lo stesso Parlamento ma senza presentare dimissioni, poiché questa sarebbe una resa totale.

Le reazioni dell' Europa

Questo clima di tensione ha provocato la reazione di Federica Mogherini, Alto rappresentante dll'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, e Johannes Hahn, Commissario europeo per la politica di vicinato e i negoziati per l'allargamento, che hanno manifestato grosse preoccupazioni a seguito dell'arresto dei parlamentari dell'Hdp e hanno ricordato al governo turco di impegnarsi nella difesa della propria democrazia parlamentare.

È necessario salvaguardare il rispetto per i diritti umani e lo stato di diritto, cosa che in Turchia al momento sembra non essere all'ordine del giorno. Il 9 novembre sono arrivati gli arresti per 55 piloti militari che si aggiungono alle decine di migliaia di persone accusate di appoggiare le organizzazioni terroristiche che hanno organizzato o partecipato al tentativo fallito di colpo di stato del luglio 2016.

Come ci si può porre di fronte a questo clima di tensione e persecuzione? La Turchia è un paese che ha attualmente in corso il processo di adesione all'Unione Europea, ma ciò che sta accadendo a livello politico lascia molti dubbi sul fatto che la democrazia parlamentare sia ancora oggi effettivamente attiva, un aspetto che dovrebbe essere fondamentale per, appunto, l'ingresso nell'UE.