Fanno discutere le parole dell’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Il politico di lungo corso, entrato per la prima volta in parlamento nel 1953 durante la II legislatura e già presidente della camera dei deputati; è entrato ancora una volta nel merito del Referendum Costituzionale del prossimo 4 dicembre, ribadendo strenuamente ed ancora una volta la necessità di votare SI alla riforma voluta dal governo Renzi.

Napolitano, nelle sue ultime dichiarazioni ha voluto affermare che il voto del referendum non è contro il governo e che la riforma va valutata in quanto tale a prescindere dal colore politico di appartenenza.

Il presidente emerito prosegue nel suo discorso concludendo che in ogni caso le elezioni si dovranno tenere nel 2018 come da scadenza naturale della legislatura.

Le parole del presidente emerito

Napolitano, in un’ intervista a Porta a Porta, ha spiegato che la riforma faccia fare enormi passi avanti e che lo scopo fondamentale non sia soltanto quello di tagliare poltrone. Napolitano conclude che la riforma che si avvia ad essere giudicata dai cittadini ai primi di dicembre abbia vari punti di contatto con quelle precedenti, e che per certi versi assomigli anche alla cosiddetta “devolution” ossia la riforma costituzionale voluta dal governo berlusconi che venne poi bocciata proprio dal referendum costituzionale del 2006.

Quello che fa sorridere, è che l’allora capo dello stato, invitando ad andare a votare si schierò per il No vendendo una costituzione bella e moderna così com’è anche dopo sessant’anni. Più o meno lo stesso discorso che si potrebbe fare per Roberto Benigni che finì addirittura per andare in piazza a leggerla la costituzione.

Dello stesso avviso fu all’epoca l’attuale presidente della Repubblica Sergio Mattarella, allora in forza alla Margherita. Ma la lista è lunga, Francesco Rutelli, Luciano Violante, Sergio Castagnetti, Anna Finocchiaro, Antonio Polito, Andrea Orlando, Walter Veltroni, Franco Bassanini. Tutti personaggi schierati per il No nel 2006 che tornano oggi nel 2016 a favore del si e stranamente non si sente più parlare di “emergenza democratica”, “poteri di premier e governo fuori controllo”, “necessità di riforme condivise tra maggioranza e opposizione”.