Intervistato questa mattina dal giornalista Gerardo Greco per la trasmissione di Rai3 Agorà, il vicepresidente della Camera, Luigi Di Maio, ribadisce la volontà del fronte del No al referendum costituzionale del 4 dicembre di fare ricorso in caso di brogli durante le operazioni di voto degli italiani all’estero. Posizione ufficiale, quella contro eventuali ‘forzature’ nella compilazione delle schede oltreconfine, del comitato per il No al referendum guidato dal costituzionalista Alessandro Pace. Il professore, a sua volta intervistato dal Fatto Quotidiano, conferma i dubbi sulle “troppe anomalie” che, a suo dire, circondano le operazioni di voto all’estero codificate nella legge Tremaglia.

Di Maio, invece, si scaglia contro l’accozzaglia rappresentata dal governo Renzi e pretende “elezioni il prima possibile” in caso di vittoria del No.

Le parole di Di Maio

“Siamo pronti a ricorsi su tutto il territorio nazionale nel momento in cui ci dovessero essere dei brogli”, accusa Luigi Di Maio, convinto che “il voto degli italiani all'estero si espone a questo pericolo”. Il candidato premier in pectore del M5S si difende attaccando dalle accuse mosse a Beppe Grillo di utilizzare termini truculenti come “serial killer” e “scrofa ferita”. “Grillo utilizza dei termini, c'è a chi piace e a chi no - azzanna il mite di Maio - Noi accozzaglia? Il governo di Renzi è accozzaglia. Il premier eviti di fare la morale e guardi a casa sua”.

Il ‘gioiellino grillino’ mette un punto fermo anche sullo scenario del dopo voto. “Se vince il No - sentenzia - il Parlamento è attrezzato per fare una nuova legge elettorale in due-tre settimane, poi si vada a votare. Se la legge elettorale deve diventare la scusa per tirare a campare fino al 2018 non ci stiamo”.

Pace conferma il ricorso contro il voto all’estero se vince il Si

La posizione granitica di Di Maio va a fare il paio con l’annuncio del costituzionalista Alessandro Pace. “Il voto all’estero avviene per corrispondenza - spiega il presidente del comitato per No al quotidiano diretto da Marco Travaglio - ma come può questo metodo assicurare che il voto espresso non sia il risultato di pressioni all’interno o all’esterno dell’ambito familiare?

La segretezza è garanzia della libertà di voto”. Pace conferma di aver chiesto una revisione delle procedure sul voto all’estero già dal 2013, visti anche i precedenti poco incoraggianti come quello del senatore Nicola Di Girolamo (poi condannato per aver falsificato centinaia di schede). La sua ferma convinzione resta quella di fare ricorso “qualora fosse proprio il voto degli italiani all’estero a far prevalere il Si il 4 dicembre”.