“In tutto il mondo si sono riscontrate difficoltà e irregolarità in ogni occasione, plichi elettorali mai arrivati o arrivati a destinazioni errate, schede elettorali inviate persino a persone decedute”. Autore di questa denuncia circa i possibili brogli sul voto all’estero nel referendum costituzionale del prossimo 4 dicembre è Flavio Bellinato, coordinatore del Maie (Movimento associativo degli italiani all’estero) a Santo Domingo. Ma l’allarme brogli non arriva solo da Bellinato, anche perché sono innumerevoli gli episodi del passato che confermano il rischio di irregolarità (uno su tutti, il caso del senatore Nicola Di Girolamo, eletto in Europa e poi arrestato per ‘ndrangheta).

Ma vediamo come funziona nel dettaglio il voto dei connazionali residenti oltreconfine.

Come funziona il voto all’estero

Contrariamente a quanto accade in Italia, dove è il ministero dell’Interno a farsi carico dell’organizzazione e del controllo della regolarità delle operazioni elettorali, gli italiani all’estero devono contare sull’impegno, oltre che sulla buona fede, di ambasciate e consolati sparsi per il mondo. Spetta agli uffici diplomatici, infatti, distribuire i plichi elettorali nelle circoscrizioni estere. Il problema è che le stesse ambasciate hanno il gravoso compito di scegliere quali stamperie dovranno stampare le schede elettorali e chi dovrà distribuirle sul territorio. Il tutto, ovviamente, senza lo svolgimento di un bando di gara, ma per chiamata diretta, sulla fiducia.

Le operazioni di distribuzione hanno avuto inizio martedì scorso, 8 novembre, e gli elettori avranno tempo, nel caso del referendum costituzionale, fino alle ore 16 del 1 dicembre per rispedire la busta contenente la scheda al rispettivo ufficio diplomatico.

In pratica, le stamperie ‘di fiducia’ dei diplomatici si occupano di riprodurre un certificato elettorale, una scheda, due buste e un foglio informativo.

Materiale che, poi, viaggia quasi esclusivamente per posta ordinaria, con chiaro rischio di essere manipolato. In Sudamerica ci pensa il servizio postale nazionale, anche se in paesi come il Venezuela o la Colombia non esiste un affidabile sistema di toponomastica stradale. In altri casi, come nel già citato Santo Domingo, tocca ai corrieri privati svolgere questo delicato servizio pubblico.

Il dubbio, però, è su quante schede vengano effettivamente stampate, spedite e quante tornano indietro ‘bianche’. L’ultima fase del voto all’estero si attua con l’invio delle schede, questa volta in sicurezza, ai seggi di scrutinio di Castelnuovo di Porto (Roma), Milano e Palermo.