La parola, le immagini e gli scritti rappresentano ancora uno spazio di libertà? La globalizzazione sta aprendo solo ampi spazi all'incertezza, ed il vivere quotidiano si è trasformato in un lungo inesorabile passaggio verso l'ignoto. C'è chi vorrebbe tornare indietro, ai garantiti e sicuri 'vecchi sistemi' e chi, invece, spinge sull'acceleratore sociale perché pensa che il 'processo di cambiamento' imposto dalla modernità debba trovare il suo giusto e pieno compimento. Ma la migliore scelta per la società dov'è? Il disordine sociale generato dalle nuove tecnologie ancora in fase di sperimentazione e ancora al di là dall'essere compiutamente ed efficientemente implementate, l'impoverimento delle classi medie occidentali, l'avanzare di nuove realtà sociali quali quelle dei paesi del Sud Africa e dell'Est asiatico, stanno imponendo una svolta verso il totalitarismo.

Ma questa è la giusta soluzione?

La società ha necessità di formarsi all'uso delle immagini e delle rappresentazioni che esse forniscono. I giovani di questi tempi nuovi, nativi digitali, conoscono bene l'uso delle nuove parole e immagini, ma spesso non riescono ad inserirle in un contesto adeguato di democrazia ed esercizio delle libertà vere e compiute. La scuola può molto su questo fronte. Può e deve essere utile per combattere la rimodulazione del linguaggio politico che nel frattempo è avvenuta, specializzandosi, a sua volta, in nuovi schemi di riuso di antichi populismi.

Di questo si è parlato al Dipartimento di Scienze Politiche di Napoli, in Via Rodinò 22, oggi, venerdì 25 novembre, durante un convegno al quale hanno partecipato Elena Cuomo, Docente di Simbolica Politica, dell'Università Federico II di Napoli, Roberto Escobar, Docente di Filosofia politica e Analisi del linguaggio politico, dell'Università degli Studi di Milano, Rocco D'Ambrosio, Docente di Filosofia politica ed Etica della Pubblica Amministrazione, della Pontificia Università Gregoriana di Roma, Patricia Chiantera, Docente di Storia delle Dottrine Politiche, dell'Università degli Studi di Bari.