Tra i punti più discussi del programma di Donald Trump, a un paio di mesi dall’ora X del suo insediamento, c’è sicuramente la volontà di combattere anche con mezzi poco ortodossi, come la costruzione di un muro lungo tutto il confine con il Messico, l’immigrazione irregolare. “Espelleremo 11 milioni di clandestini”, aveva tuonato The Donald in campagna elettorale, anzi no “3 milioni” con il casellario giudiziario non proprio immacolato, ha corretto il tiro. Niente di nuovo sotto le stelle (e strisce) del cielo statunitense. Questa Politica sarebbe in continuità con quella dell’amministrazione Barack Obama.

2,5 milioni espulsi in otto anni

“La presidenza Obama è stata una delle più severe in questo senso”, spiega Niels Franzen, direttore di Immigration Clinic della University of South Carolina in un’intervista a La Stampa, “oltre 2,5 milioni di deportati dal 2009 al 2015. Sommando queste cifre ai respingimenti, “un meccanismo ben oliato dal punto di vista tecnico”, commenta Franzen.

Ripercussioni sul continente latino

Quali però le conseguenze con l’America Latina, Messico su tutti? I rapporti saranno, con ogni probabilità, “distorti”, prevede Alejandro Pedraza, professore presso il Centro per le Relazioni Internazionali della National Atonomous University of Mexico, intervistato da Metro. “C’è preoccupazione anche per i flussi legali, come quelli dei lavoratori temporanei”.

Di certo “sarà più difficile entrare negli Stati Uniti e rimanerci”, anche se secondo Pedraza, a dispetto di ciò che fa notizia, la tendenza migratoria è già in calo dal 2005. "Discriminazione e ignoranza sui migranti sono fenomeni sociali pre-esistenti alle ultime elezioni”.

Il famigerato muro

Secondo Pedraza sarà difficile per Trump attuare la promessa del muro lungo la frontiera con il Messico, non fosse altro per la morfologia del territorio, “c’è pure un fiume e non si può costruire sull’acqua”.

Tuttavia si può ipotizzare una “maggiore cooperazione Messico-Usa per la sicurezza dei confini”, anche in virtù della telefonata distensiva del neo/futuro presidente all’omologo Enrique Peña Nieto. Scettico invece il vice ministro dell’Interno messicano Humberto Roque Villanueva, per cui “le espulsioni di migranti messicani potrebbero aumentare quando Trump assumerà l’incarico”.