Dopo il fallito golpe, o presunto tale per alcuni, del 15 luglio 2016 il Presidente della Turchia, Recep Tayyip Erdoğan, ha iniziato una vera e propria epurazione di tutti i suoi oppositori.

Solo pochi giorni dopo il golpe si contavano, secondo alcune fonti, 295 morti, migliaia di feriti più di 10 mila arresti tra civili e militari, quasi 3000 giudici rimossi, ritirati 11 mila passaporti, rimossi e arrestati docenti, presidi e rettori universitari.

Recep Tayyip Erdoğan e la sua caccia alle streghe verso i giornalisti

Subito dopo il golpe Erdoğan fece oscurare 130 media, 16 reti televisive, 23 radio, 45 quotidiani, 15 magazine, e 29 case editrici, ma l’azione di epurazione verso la comunicazione continua incessantemente, solo pochi giorni fa è stato chiuso l’ultimo giornale non filogovernativo il quotidiano Cumhuriyet, arrestando i 12 giornalisti più il Direttore del giornale, con l’accusa di Feto, l’organizzazione che farebbe capo a Fethullah Gulen e al Pkk, il Partito dei lavoratori del Kurdistan.

Quotidianamente vengono chiusi centinaia di account Twitter e Facebook, con l’arresto, se individuati, di coloro che cercano di divulgare notizie per far capire al mondo intero l’azione della violenta repressione che il Presidente Erdoğan sta attuando in uno Stato fino a qualche mese fa ritenuto laico e libero.

La Fnsi convoca assemblea dei giornalisti della UE

Il segretario generale e il presidente della Fnsi, Raffaele Lorusso e Giuseppe Giulietti: «Teniamo accesi i riflettori sulla repressione in atto. I governi dei Paesi Ue non possono tacere», non possiamo tacere, la repressione in Turchia continua sempre in maniera più feroce verso tutti i mezzi di comunicazione.

Oggi a Bruxelles si terrà un tavolo per decidere una mobilitazione di protesta di tutte le sigle sindacali della Comunità Europea, per chiedere alla Turchia la scarcerazione di tutti gli intellettuali, giudici, insegnanti e giornalisti, un ritorno alla normalità e alla libertà di stampa.

Erdoğan per il momento ha chiuso completamente tutti i ponti con l’Unione Europea, ritenendo gli stati che la compongono dei traditori e collusi con i golpisti, dopo la negazione dell’estradizione da parte delle Germania di un giornalista che l’ha criticato e il rifiuto dell’asilo politico di tutti gli stati quando si trovava in volo durante il golpe.