Diplomatico ma deciso. Paolo Gentiloni ha iniziato ieri la sua esperienza di Governo dopo il giuramento al Quirinale. L'esecutivo ha superato l'esame della Camera dei Deputati ma, se possiamo usare un paragone calcistico, era come un'amichevole pre-campionato di una squadra di serie A contro una rappresentativa dilettantistica, quelle in cui si vince facile. Incassare la fiducia della Camera era, pertanto, più che scontato alla luce della maggioranza. Fortemente simbolica da parte di Movimento 5 Stelle e Lega l'assenza dei propri esponenti dall'aula di Montecitorio: non riconoscono il governo e non lo votano, nemmeno con un 'NO'.

Defezione però ininfluente ai fini del voto di fiducia che si è concluso con 368 favorevoli e 105 contrari. C'è attesa ora per il responso del Senato: i numeri sulla carta ci sono anche senza il sostegno dei verdiniani, con una forbice tra la soglia minima dei 161 ed i possibili 170. Grande attesa, pertanto, per quella che sarà la legittimazione politica del governo Gentiloni.

I 'sassolini' contro l'opposizione oltranzista

Paolo Gentiloni è consapevole che, senza la bocciatura della riforma Boschi, non gli sarebbero toccati oneri ed onori della presidenza del Consiglio. "Se stasera sono qui...è perchè l'abbiamo riconosciuta", ha detto il premier, citando una nota canzone di Luigi Tenco e riferendosi chiaramente alla sconfitta referendaria del PD.

Il suo scopo principale, ha rimarcato, sarà quello di rasserenare il dibattito politico. "Credo sia necessario smetterla con questa escalation apparentemente inarrestabile di violenza nel dibattito politico, il parlamento non è un social network. Tutti dobbiamo contribuire a rendere sereno il clima nel nostro Paese". Ma non ha risparmiato critiche a M5S e Lega che hanno disertato il voto.

"I paladini della legalità e della costituzionalità non si sono presentati nel momento estremo della fiducia". Parlando della sua squadra di governo che ricalca praticamente quella di Matteo Renzi, ha evidenziato che "per qualcuno questo è un limite ma io lo rivendico, rivendico il risultato di aver rimesso in moto il Paese", ed ha reso omaggio al suo predecessore le cui dimissioni "sono un atto di coerenza a cui tutti gli italiani dovrebbero guardare con rispetto".

Ha inoltre avvisato i numerosi 'corvi' che volteggiano attorno al suo esecutivo. "I governi durano fino a quando c'è la fiducia del parlamento".

Le priorità in agenda

Una lista fitta, tutti gli impegni già presi dal governo Renzi. Dagli interventi nelle zone del Centro Italia colpite dal terremoto - "è la prima cosa, siamo ancora in emergenza", ha detto - agli appuntamenti internazionali. Il primo riguarda il Consiglio Europeo in programma domani ma anche la presidenza del G7 in mezzo a quelli che sono innumerevoli scenari di guerra e che coincide, soprattutto, con la nuova leadership della Casa Bianca. "Con la quale - ha sottolineato - siamo prontissimi a collaborare". Sulla legge elettorale il suo cenno è stato piuttosto breve.

"É un compito del parlamento, il governo non è un attore protagonista in tal senso. Non staremo alla finestra ma accompagneremo l'iter e lo solleciteremo, agendo non in considerazione alla durata dell'esecutivo ma con la piena consapevolezza che il sistema necessita di regole certe".