Non può certo definirsi un Natale sereno per Virginia Raggi. L’amministrazione capitolina è inesorabilmente scivolata su di un binario molto pericoloso. I casi di Paola Muraro e Raffaele Marra hanno spazzato via le ultime certezze acquisite all’indomani del trionfo elettorale. A dispetto del “vento di cambiamento che si è alzato”, più volte citato dalle rappresentanze grilline, è come se una pioggia torrentizia avesse spento tutti i focolai di ottimismo per il domani. Roma è una citta immobile, schiava dei suoi problemi e delle sue infinite contraddizioni.

Una realtà angosciante ben conosciuta da chi è costretto a vivere il quotidiano della Capitale e non certo da chi la affronta con gli occhi dello spettatore. In questo vuoto sociale e politico si racchiude il trionfo del Movimento5Stelle e della sua giovane ambasciatrice Virginia Raggi. A soli sei mesi da quel plebiscito è lecito ora poter sentenziare sull’operato di una nuova squadra di governo? La moltitudine di errori commessi ha incrinato la credibilità di un’offerta sbandierata di onestà?

Colpevole fiducia

È sul concetto di novità che il M5S romano ha perso la sua prima vera sfida. Il background di Virginia Raggi è stato sottovalutato sin dalla genesi della sua avventura politica, quasi a voler cercare di nascondere la polvere sotto il tappeto di casa.

Come capita d’altronde a qualsiasi candidato in corsa per una poltrona che conta, il passato del sindaco è stato sottoposto ai Raggi X e più di un segnale spia si era acceso alla Casaleggio Associati. Eppure si è tirato dritto decidendo di puntare (direbbero i più buoni) su quel volto capace di coniugare freschezza e professionalità.

Si è scommesso su un cavallo di razza (direbbero invece i maligni) con alle spalle una scuderia potente capace di spostare equilibri elettorali decisivi anche per battere un malconcio Partito Democratico. Non poteva essere un contratto, con tanto di penale, il tassello a garanzia di fedeltà e allineamento. La Raggi, dal suo arrivo, si è circondata di personaggi discussi e le è sempre stata data carta bianca nonostante le accuse di Roberta Lombardi, nonostante gli allarmi lanciati da Roberto Fico.

La scelta di Grillo

Beppe Grillo tra il “o me o loro” ha scelto l’avvocatessa, mandando in frantumi il celeberrimo direttorio che altro non era che l’asse portante del futuro governo nazionale. Anche dopo l’arresto di Marra e l’inevitabile resa dei conti interna, il comico genovese ha fatto valere la linea della continuità in totale incoerenza con i casi più eclatanti del passato. Chiedere per conferma al primo cittadino di Parma, Federico Pizzarotti, messo alla porta pur essendo il solo esperimento riuscito di amministrazione a cinquestelle. La sensazione è che la Raggi resti al suo posto non tanto per la storiella del “se cade Roma dimentichiamoci il Paese”, ma per motivazioni ignote che poco hanno a che fare con il mero calcolo politico.

È questo il dato più allarmante del caos Capitale: per chi e per che cosa sono stati sacrificati i valori del M5S? Una domanda alla quale difficilmente qualcuno darà mai una risposta. Nel frattempo, però, Roma è costretta a dover fare i conti con la pagina più buia della sua millenaria e gloriosa storia. Parlare di futuro, lungo il Tevere, resta pura illusione.