Dopo le dichiarazioni impegnative di Matteo Renzi sull'importanza del voto di domenica prossima, hanno fatto scalpore quelle del presidente del Tribunale di Bologna. Si tratta di dichiarazioni altrettanto impegnative, di significato molto netto e schierato per il NO. Il presidente Francesco Caruso ha espresso la sua opinione in un modo che non è stato apprezzato né dal ministro della Giustizia Orlando né da esponenti del Pd quali Francesca Puglisi. A tre giorni dal voto si è scatenata la bagarre sulle dichiarazioni rilasciate sul suo profilo fb e adesso della vicenda se ne occuperà il CSM.

Si ipotizza il trasferimento d'ufficio per incompatibilità.

Il contenuto

Le dichiarazioni incriminate riguardano la matrice della riforma costituzionale formulata in un modo tale che clientelismo e corruzione non ne vengono limitati, anzi. Quando si tratta di entrare nel merito si rimarca l'incostituzionalità di un parlamento che ha licenziato il testo della riforma perché non legittimato dal voto, convinzione peraltro espressa anche da altri insigni giuristi, criticata aspramente da chi tra i politici spera che vinca il SI. Ma il presidente emerito non ci sta e dalle pagine di Repubblica, nella cronaca di Bologna, replica a chi lo accusa.

Stravolgimento del reale pensiero

Ciò che gli viene attribuito non è affatto vero.

Si tratta di interpretazioni liberamente tratte dalla Gazzetta di Reggio, quotidiano che ha pubblicato le sue esternazioni via social. A ragione il giudice ritiene che si tratti di una scorrettezza perché ha detto cose diverse. Sbaglia chi vota Si, comportandosi come ai tempi della Repubblica di Salò. Oltre a tutto egli lamenta una strumentalizzazione inaccettabile delle sue parole perché espresse su un social, quando si sa benissimo che se avesse dovuto rilasciare una intervista ad un giornale le forme sarebbero state diverse.

Anche le anticipazioni del Fatto quotidiano pubblicate oggi sul caso del presidente del tribunale di Bologna riferiscono di uno stravolgimento di pensiero limitato ad un ristretto pubblico di amici su facebook. Fatto sta che il caso adesso è stato affidato al procuratore generale della Cassazione su mandato del CSM per valutare l'azione disciplinare.