59 a 41. E’ netta la vittoria del No sul Sì. Mesi e mesi di campagna referendaria hanno voluto un fronte sostenuto dalla maggior parte delle forze politiche prevalere sull’altro, rappresentato da un’esigua minoranza politica. La battaglia è stata tra Renzi e tutti gli altri.

Un’ora dopo la chiusura dei seggi il premier in carica ha annunciato le sue dimissioni. Decisione che era nell’aria fin dall’inizio. Il discorso di Renzi rappresenta fedelmente tutto quello che il premier ha sostenuto nella sua carriera politica. Dall’importanza di ammettere la sconfitta alla sua convinzione di dover cambiare una classe politica attaccata troppo alla propria poltrona.

Renzi lascia un’Italia divisa da nord a sud, un’Italia in cui i partiti non guardano più in faccia nessuno, un’Italia che si sta rendendo conto quanto è facile attaccare, piuttosto che costruire.

I risultati del referendum costituzionale hanno evidenziato ancora quanto era già emerso dalla vittoria del “leave” nel Regno Unito e dalla vittoria di Trump negli USA: il mondo è attraversato da un’onda anti-sistema, anti-establishment e rivoluzionaria in cui si ha sempre meno fiducia verso il tradizionale politico e si preferisce chi viene da un ambiente cittadino e lavorativo, chi davvero può sentire il bisogno del popolo.

Nascono così movimenti quali il Movimento 5 Stelle, che cerca di aprire i ruoli della politica anche a chi, fino ad ora, non ne ha mai avuta esperienza.

Da una parte queste persone possono realmente essere portavoce dei problemi dei più deboli, ma dall’altra è difficile pensare che delle persone senza alcuna preparazione politica possano davvero incidere nel mondo legislativo. In un momento storico in cui queste forze stanno acquistando sempre più voce è difficile pensare come un voto come quello del referendum potesse attenersi esclusivamente al merito.

Così, infatti, non è stato. Destra, sinistra e centro, in quantità diverse, erano schierate nella bocciatura del referendum. Tante e diverse forze politiche che hanno ottenuto il 59% dei voti. Dall’altra parte un Matteo Renzi solitario, con solo una parte del PD, è riuscito a convincere tredici milioni di elettori, pari al 41%.

Questi dati lasciano, infatti, ben sperare per una possibile corsa alle Elezioni che, con ogni probabilità, si terranno nella primavera del 2017.

Cosa succede in Italia ora?

Le prospettive per gli immediati giorni successivi alle dimissioni di Renzi sono diverse.

Alcuni sostenitori del Sì hanno chiesto al Presidente della Repubblica di sciogliere subito le Camere per apprestarsi ad indire nuove elezioni. Il problema è essenzialmente uno: non c’è una legge elettorale per la Camera ed il Senato. Infatti, l’Italicum è esclusivamente disegnato per la Camera e non era in programma di scrivere una legge elettorale per il Senato in quanto non ce n’è sarebbe stato bisogno se la Riforma Costituzionale fosse stata approvata.

Ma così non è stato e ora, quindi, è necessario riscriverne una nuova per entrambe le camere. Con ogni probabilità si andrà ad elezioni anticipate in primavera quanto avremo un nuovo Italicum e a qual punto sarà lo scontro finale tra Renzi, il Movimento Cinque Stelle e la nuova Destra.