La lunga coda velenosa dell’assemblea Pd di domenica scorsa farà sentire ancora per lungo tempo i suoi effetti. Ieri Roberto Giachetti, rutelliano fulminato sulla via di Rignano, ha descritto non proprio con un francesismo le caratteristiche somatiche di Roberto Speranza, bersaniano e fresco candidato alla poltrona della segreteria su cui ancora siede Matteo Renzi. “Hai la faccia come il culo” perché, questo in sintesi il ragionamento di Giachetti, adesso che Renzi propone di tornare alla legge elettorale Mattarellum lo appoggi, mentre quando eri ancora capogruppo alla Camera ti sei opposto.

Ma Speranza non ci sta, attende poche ore ed oggi rilascia un’intervista a La Stampa per liquidare l’attacco dell’ex Radicale, invocare la chiusura della “stagione dell’arroganza” e confermare di non avere nessuna intenzione di iscriversi al “partito della nazione” renziano.

Il video dell’attacco di Giachetti e la risposta di Speranza

Il turpiloquio sdoganato ieri, per la prima volta durante un’assemblea Dem, contro i propri ‘compagni’ di partito da Roberto Giachetti, nel bene o nel male, ha colpito nel segno. Oggi il successore designato di Pier Luigi Bersani quale leader della corrente più a sinistra del Pd, risponde per le rime dalle colonne del quotidiano torinese. “Mi interessa molto relativamente l'incontinenza verbale di Giachetti – esordisce sminuendo la portata dell’offesa ricevuta - uso una battuta di Renzi: 'lo stile è come il coraggio di don Abbondio, se non ce l'hai non puoi dartelo”.

Secondo Speranza è in atto un “imbarbarimento”, un aumento esponenziale della “violenza verbale tra le forze politiche”. Che questa volgarità debba infettare anche il suo partito il politico lucano non lo accetta. “Mi sembra oltre ogni limite - dice - non inseguirò Giachetti su questo terreno, queste parole qualificano chi le pronuncia”.

Come già accennato, il candidato al Congresso per Sinistra Dem auspica la chiusura della “stagione dell’arroganza” per aprire, al contrario, quella “di un Pd umile, che prova a capire i suoi limiti e i suoi errori”. Speranza si dimostra insoddisfatto dell’autocritica a denti stretti pronunciata dal ‘suo’ segretario. “C'è qualche segnale, sul Mezzogiorno - ammette - ha detto che si è affidato troppo ai potentati locali.

Avevamo provato a dirglielo in questi mesi”.

Solo che sul tavolo della trattativa, adesso, “ci sono almeno altre due grandi questioni”: la modifica urgente della riforma cosiddetta ‘Buona Scuola’, che tanto buona a suo modo di vedere non si è rivelata, e la cancellazione del meccanismo dei voucher definito una “forma di precarietà assoluta”. Su questi ed altri temi, infatti, “il Pd ha dato la sensazione di esser chiuso nel palazzo del potere” e non di stare nelle periferie senza apparire “amici solo di Marchionne e Briatore”. Speranza conferma di non volere un congresso anticipato perché “non serve un semplice votificio, stavolta non bastano i gazebo. Sarebbe un errore grave un plebiscito-bis”.

Il confine è tra un nuovo “centrosinistra o un'altra alleanza con Alfano e Verdini”. Comunque sia, per concludere, Speranza precisa che se nel Pd dovesse venire meno il “confine tra destra e sinistra” lui di certo non si iscriverebbe a quello che definisce con disprezzo il “partito della nazione”.