La Corte Costituzionale ha dichiarato inammissibile il quesito referendario riguardante gli effetti del Jobs Act sullo Statuto dei Lavoratori, mentre ha dato il via libera agli altri due quesiti riguardanti rispettivamente i voucher e la responsabilità in solido appaltante-appaltatore. I tre quesiti referendari erano stati proposti dalla CGIL con ben 3,3 milioni di firme e rappresentano la risposta del più grande sindacato italiano alle politiche del Governo Renzi in materia di lavoro. L'inammissibilità del quesito referendario volto a ripristinare l'Articolo 18, rappresenta un duro colpo per Susanna Camusso e i suoi, dato che ad essere bocciato dalla Consulta è stato il proprio punto con la maggiore rilevanza politica.

Il sindacato confederale puntava molto sull'ammissibilità del quesito referendario che in caso di approvazione da parte degli elettori avrebbe esteso le tutele dell' Articolo 18 a tutti i lavoratori in aziende con almeno 5 dipendenti, abbattendo il muro di 15 dipendenti previsto dal vecchio Articolo 18. Ma dopo una lunga riunione, i giudici costituzionali si sono espressi per la bocciature del quesito sul Jobs Act tenendo invece in vita gli altri due che ora però, rischiano seriamente di non raggiungere il quorum in quanto il governo ha già dichiarato di voler intervenire sulla normativa riguardante i voucher. In tal caso verrebbe meno anche il quesito sui discussi e abusati ticket e resterebbe in piedi il solo quesito riguardante la responsabilità in solido appaltante-appaltatore.

Difficile che un referendum del genere raggiunga il quorum necessario per abrogare la norma, mentre un referendum dalla forte connotazione politico-ideologica quale quello sull'articolo 18, avrebbe con ogni probabilità trainato anche gli altri due a raggiungere la fatidica soglia.

Tra i primi nel mondo politico a commentare la sentenza della Consulta, Matteo Salvini non ha lesinato critiche ai giudici rei, a suo dire, di aver emesso una sentenza politica gradita ai poteri forti.