Matteo Renzi si sente accerchiato. Teme che l’azione di logoramento portata ai suoi fianchi dai vari D’Alema, Bersani, Speranza e Cuperlo, possa impedirgli di conquistare ancora una volta l’ambita poltrona di Palazzo Chigi. Per questo, almeno secondo quanto racconta in un retroscena il solitamente informatissimo giornalista dell’Huffington Post, Alessandro De Angelis, starebbe pensando di forzare i tempi. L’intenzione renziana, scrive De Angelis, è quella di presentarsi dimissionario alla direzione Pd fissata per lunedì 13, per avere così la possibilità di convocare un congresso in tempi stretti.

La strada verso le elezioni anticipate di giugno (il 21 sembra la prima data utile) sarebbe così spianata. Un piano, all’apparenza perfetto, a cui si oppone questa mattina, intervistato da Repubblica, il delfino bersaniano Roberto Speranza che conferma la minaccia di scissione da sinistra (senza nominarla) in caso di forzature per arrivare ad un congresso anticipato.

I timori di Renzi

“Non ci sto a fare il bersaglio per mesi”, avrebbe confidato ai suoi l’ex premier, descritto come sempre più insofferente ai giochi di palazzo in corso al Nazareno. L’aria è quella da ‘ultimi giorni di Hitler nel bunker’. I fedelissimi rimasti al suo fianco, infatti, si contano sulle dita di due mani: Luca Lotti, il tesoriere Francesco Bonifazi, i parlamentari Magorno, De Menec, Morani, a cui vanno aggiunti i ‘boschiani’ Donati, Fanucci, Fregolent e Marco Di Maio.

Con lui, e con la soluzione del congresso lampo, almeno per il momento ci sono anche il capogruppo alla Camera Ettore Rosato, il vice segretario del partito Vincenzo Guerini e il presidente ‘giovane turco’ Matteo Orfini.

La reazione di Speranza

Alla domanda se il Pd sia sull’orlo della scissione, Speranza risponde con un secco “si”, argomentando che il voler “tenere elezioni tra quattro mesi” rischia di allontanare ancor di più dal Pd i pochi militanti rimasti.

Il voto anticipato andrebbe contro “l’interesse del paese”. Il Pd, nella visione di Speranza, dovrebbe invece impegnarsi “per fare due o tre cose utili” come una legge contro la povertà e interventi su scuola e lavoro. Va bene il congresso nel 2017, ma a patto che il Pd non si trasformi nel “partito dell’avventura”, convinto di poter risolvere tutti i problemi con “una gazebata organizzata in quattro e quattr'otto”.

Il giovane bersaniano lancia l’hashtag “facciamouncongressovero”, contrapposto al grido di battaglia renziano “famostocongresso” (libera interpretazione dello spallettiano “famostostadio”). Speranza parla di “situazione non più recuperabile” se lunedì dovesse passare l’opzione congresso lampo ed elezioni a giugno, perché “il Pd non sarebbe più il Pd”.