La perniciosa china presa dall'amministrazione Trump sembra non accennare a diminuire. Non bastava infatti che l'intero mondo di Hollywood e, notizia di oggi, addirittura della moda, si schierasse contro il neo-eletto presidente, ora il Donald nazionale ha di fronte grattacapi ben più seri. Dopo Michael Flynn, consigliere per la sicurezza che ha rassegnato le sue dimissioni in conseguenza all'emersione di prove dei suoi prolungati contatti con gli uomini di Vladimir Putin, altri collaboratori del neo-presidente americano sono ora sotto inchiesta da parte dell'FBI per le stesse ragioni.

Pare infatti che, tra i responsabili della campagna elettorale del neo-presidente, siano spuntati vari nomi di persone che potrebbero aver influenzato i rapporti con il Cremlino, fino a ipotizzare un possibile loro coinvolgimento con gli hacker che il novembre scorso hanno aiutato il team Trump a vincere le elezioni presidenziali. Uno dei nomi di maggior spicco finora emerso è quello di Paul Manafort, consigliere per la campagna elettorale durante il 2016 e, in precedenza, uomo d'affari con diverse connessioni all'interno del complesso panorama politico che è l'Ucraina.

Non stupisce che uomini d'affari (di cui il cabinet di Trump è zeppo) abbiano avuto contatti con il governo russo, specialmente in rapporto all'Ucraina, zona di interesse economico tanto quanto geo-politico.

Quello che ha fatto insospettire gli investigatori del Bureau più famoso al mondo è la estrema vicinanza temporale tra questi contatti (di cui sono state ufficialmente acquisite le registrazioni telefoniche) e il momento in cui Trump, dal palco di una delle sue convention, "chiedeva" in maniera fin troppo diretta l'intervento di Mosca per far emergere le e-mail di Hillary Clinton che avrebbero dovuto dimostrare la corruzione della rivale.

Siamo dunque di fronte ad un'investigazione che rischia di trascinare nel fango buona parte dello staff del presidente Trump e, al contempo, che getta un'ombra ancora più preoccupante sui rapporti tra la Casa Bianca e il Cremlino. Se fosse provato che lo staff del neo-presidente ha preso accordi di tipo diplomatico con i russi prima della fine delle elezioni, ci sarebbe la prova che l'attacco informatico partito dalla Russia per minare la campagna della Clinton era stato progettato di comune accordo con il suo rivale. Un'ipotesi questa che non potrebbe non far aprire la procedura di impeachment immediato per il neo-eletto presidente Trump.