Colombe e falchi, mediatori e scissionisti. Il Partito Democratico si avvia maldestramente al primo bivio della sua breve e intensa storia. Non c’è più spazio per la ricomposizione della frattura interna giudicata insanabile dagli stessi esponenti che l’hanno procurata. L’assemblea di domenica servirà a ratificare ciò che è abbondantemente filtrato già nelle ore immediatamente successive alla Direzione. La separazione consensuale ci sarà e metterà la parola fine al progetto, tanto ambizioso quanto utopistico, nato dalle ceneri dell’Ulivo. Il tentativo serrato di mediazione tra la segreteria guidata da Matteo Renzi e la minoranza Dem (nonostante l’accettazione della prima di numerose richieste imposte dalla controparte), ha semmai inasprito ancor di più il confronto.

Al di là delle responsabilità da dividere equamente tra i protagonisti di questa sceneggiata, va detto che il Pd sarà smantellato per soli interessi personalistici. Altro che nuova costituente a Sinistra, altro che nuovo Movimento di ispirazione riformista e progressista. La verità, come spesso capita, è nuda e cruda.

Il bluff della Minoranza

D’Alema, Bersani, Rossi, Emiliano e Speranza, avrebbero desistito dalle loro mire scissioniste solo se avessero avuto tra le mani lo scalpo di Renzi. Come in tutti i partiti di ispirazione democratica, la guerra (per così dire) sarebbe dovuta iniziare e finire in coincidenza del Congresso elettivo. E invece la minoranza Dem ha tentato l’assalto al fortino bluffando e giocando al rialzo, rimanendo mestamente impaludata quando Renzi ha deciso di vedere le carte.

Senza una vera proposta alternativa politica, senza i numeri per divenire maggioranza, senza la possibilità di poter contare un fico secco in ottica Primarie, non poteva che essere scissione. Rossi, Emiliano e Speranza si sono stretti così la mano a via Barberini come da buoni amici e con la promessa di ripartire ancora insieme.

Una scelta legittima - è bene sottolinearlo - quella di dire addio al PD, nata però non per una convinzione politica ma per la necessità di sbarazzarsi di Renzi. L’ex premier, da par sua, non può che salutare con entusiasmo il loro addio, convinto di ritrovarsi ora in una posizione ideale.

Il rammarico dei saggi

A poco sono serviti gli ammonimenti dei padri fondatori del PD.

Romano Prodi e Walter Veltroni hanno ribadito la necessità di salvaguardare il partito, non risparmiando stoccate per i protagonisti in campo. In una intervista a il Corriere della Sera, in particolare, Veltroni ha voluto lanciare un vero e proprio appello a tutti i registi diretti e indiretti della scissione: “Fermatevi un minuto primo che questo avvenga”. “Mentre la Sinistra balbetta e si divide - ha aggiunto - è nata una nuova Destra. Non abbiamo davanti Major e Chirac, ma Le Pen e Trump. La destra ha assunto questo taglio populista, sovranista, protezionista: una cosa non di poco conto nel futuro dell’umanità”. L’ex segretario del PD si è lasciato andare poi a un triste presagio: “Vedo le stesse movenze degli anni 30, una Sinistra che si spacca e una Destra che interpreta in maniera semplificata e destabilizzante il senso della Storia”. Chi non si arrende proprio alla scissione sono i Giovani Democratici autoproclamatisi caschi blu del PD: “Il partito è una cosa seria, restiamo uniti”.