Il lungo braccio di ferro all'interno del Pd tra il segretario Matteo Renzi e la minoranza dem guidata da Bersani Rossi e Speranza sembra essere giunto alla conclusione. Questa mattina l'ex premier ha rassegnato le dimissioni formali dalla carica di segretario del partito. Matteo Orfini, presidente del Partito Democratico, ha convocato un'assemblea generale per l'elezione di un nuovo segretario. E per cercare di risanare una scissione che pare, forse, sempre più inevitabile.

Le dimissioni di Renzi

''Non si può chiedere a una persona di non candidarsi perché solo questo evita scissione.

Avete il diritto di sconfiggerci, non di eliminarci''. Con questa parole Matteo Renzi ha aperto questa mattina il suo intervento nel corso dell'assemblea nazionale del Pd tenutasi a Roma. 'Scissione è una delle parole peggiori, peggio c'è solo la parola ricatto'', continua l'ex premier, 'È impossibile che per la volontà di pochi si blocchi tutto un partito''. Un messaggio rivolto alla minoranza dem, che in questi giorni aveva pressato l'ala maggioritaria del partito, e Renzi in particolare, per continuare a garantire appoggio al governo Gentiloni.

Le richieste della minoranza

Tema del contendere era stata anche la necessità di indire una conferenza per concordare un nuovo programma politico e, soprattutto, l'organizzazione delle primarie di partito in autunno per eleggere un nuovo leader.

In caso contrario D'Alema, Rossi e Speranza avevano parlato addirittura di scissione, prospettando una spaccatura insanabile tra le due correnti del Pd - la maggioranza vicina a Renzi e l'ala minoritaria. Lorenzo Guerini, vicesegretario Pd, aveva già parlato ieri di ''ultimatum non ricevibili''. Le dimissioni di Renzi tentano quindi di riavvicinare le due anime del partito.

Il ministro dei trasporti Graziano Delrio assicura che si sta facendo di tutto per tenere unito il Pd. Il pericolo di una scissione interna sembra quindi per ora scongiurato. Eppure non è detto che proprio da Renzi e dai fedelissimi non arrivi l'ennesimo colpo di coda.