Matteo Renzi ha prima lasciato che i vari avversari interni, dal Presidente della Puglia Emiliano a Pierluigi Bersani dicessero la loro sul futuro del Pd. Ha quindi messo in sordina i suoi fedelissimi per evitare che si alimentasse l'idea di una scissione, ma poi ha finito per intervenire direttamente nel dibattito di quello che é sempre il suo partito. Ha scelto la sua newsletter per farlo, lo strumento che gli risulta più congeniale per evitare strumentalizzazioni o deformazioni delle sue parole.

Sa che i suoi sostenitori sono ancora molti, nonostante il clima di accerchiamento calatogli addosso dopo la vittoria dei no al referendum, ed é da loro che vuole partire.

Per rinsaldarli e incoraggiarli a non mollare.

Renzi 'In nome delle pace accettiamo anche le primarie"

Sceglie l'arma del "sorriso" per offrire la pace, in uno scenario dove la pace nel Pd sembra davvero essere un miraggio. Troppi, gli attacchi a cui rispondere, troppi persino per uno come Renzi che la sua scalata l'ha lanciata da solo, contro tutta la "ditta". Oggi, i suoi avversari che ieri si trinceravano dietro lo statuto per arginare l'ascesa renziana, utilizzano le stesse armi usate in passato dall'attuale Segretario per conquistare la guida del partito. Chiedono le primarie, ancor prima della scadenza naturale del Congresso dopo averlo osteggiato per "evitare la conta". Sanno, che mai come oggi, Matteo Renzi è debole e probabilmente sono convinti che un'occasione simile non si ripresenterà.

Non possono attendere il voto, perché sono troppo esperti per non intuire che sarà sempre il Segretario, ad avere l'ultima parola sulle liste elettorali e di certo non possono permettersi di veder decimate truppe parlamentari già oggi minoritarie. Ma sono pronti - e D'Alema ha già saggiato l'eventuale peso elettorale di una scissione - anche a sbattere la porta, consapevoli che con una legge proporzionale, potrebbero dire più di quanto potrebbero fare oggi nel Pd, se si andasse al voto entro l'estate.

'Se si dice no a tutto si blocca il futuro'

Ne ha anche per i Cinquestelle Renzi, che non si tira indietro dallo scoccare un paio di frecciate in direzione Roma e dintorni. Coglie l'ennesimo no della Giunta Raggi, che questa volta ha investito il progetto dello stadio romanista.

Finito in queste ore al centro di un pressing mediatico, provocato prima dall'allenatore dei giallorossi e poi dal loro "Capitano", lo Stadio della Roma diventa terreno di scontro politico.

Nonostante fosse nell'aria, il no allo stadio arriva dopo mesi di ambiguità, che saltuariamente aprivano porte al dibattito per poi richiuderle bruscamente. La sensazione é che però, questa volta, non finirà come con le Olimpiadi. La Giunta Raggi é logorata da mesi di paralisi e polemiche e in una città come la Capitale, il calcio, ma soprattutto la Roma, possono valere più delle Olimpiadi. Questo, Renzi, lo sa bene e pare proprio che abbia deciso di intestarsi anche questa battaglia, nel tentativo di minare ulteriormente la già fragile posizione del Sindaco e del movimento grillino. Ancora una volta, con il chiaro obiettivo di raccontare la politica come uno scontro confronto fra chi dice "sì" e chi invece, é pronto a dire un altro "no". Almeno su una cosa sembrano trovarsi d'accordo: il garantismo. Che per Renzi diventa "un piccolo passo per l'umanità ma un grande passo per il movimento 5 stelle".