Il vento di destra soffia da qualche anno nel vecchio continente, ma non è tanto forte da far veleggiare in maniera spedita gli equipaggi. Il primo, nitido segnale in tal senso, era arrivato dall’Austria lo scorso dicembre, nello stesso giorno in cui gli italiani hanno detto ‘NO’ alla riforma costituzionale del governo Renzi. La sconfitta alle presidenziali dell’estrema destra di Norbert Hofer è stata più netta rispetto al ballottaggio della primavera dello scorso anno, poi annullato, vinto per una manciata di voti da Alexander Van der Bellen. L’affermazione dell’esponente dei Verdi nel ballottaggio-bis è stata, al contrario, indiscutibile e dalle parti di Bruxelles hanno tirato un sospiro di sollievo per lo scampato pericolo: quello di ritrovarsi uno Stato membro dell'Unione, il cui Capo sarebbe stato dichiaratamente animato da propositi anti-europeisti.

Questo trend è stato confermato anche in Olanda, dove la vittoria alle elezioni parlamentari del partito di governo, guidato da Mark Rutte, ha messo alla berlina l’estrema destra di Geert Wilders che, tra i tanti proclami, sbandierava la ‘Nexit’, ovvero sia la fuoriuscita del Paese dall’UE sul modello britannico.

Le Pen, il vuoto oltre il ballottaggio

Ancora più importante la corsa verso l'Eliseo: la Francia, insieme a Germania ed Italia, è un pilastro portante dell’UE ed il rischio di vedere sul più altro scranno parigino un presidente euroscettico e xenofobo come Marine Le Pen è ipotizzabile come il ‘male assoluto’, se guardato con gli occhi di Bruxelles. La leader del Front National arriverà comunque al ballottaggio, a meno di cataclismi alle urne, ma riteniamo sia il massimo a cui possa ambire.

L’ascesa di Emmanuel Macron sta spiazzando tutti e, sebbene il distacco tra i due non sarà sicuramente epocale, è facile intuire che al secondo turno il dissidente socialista potrà comunque contare sui voti dei suoi ex compagni di partito e su buona parte di quelli Repubblicani.

Belve di carta

Tanto Marine Le Pen quanto Geert Wilders erano presenti al summit delle destre europee che si è tenuto a Coblenza, dove a fare gli onori di casa c’era la leader di Alternativa per la Germania, Frauke Petry.

L’attacco alle fondamenta dell’Unione Europea, promosso a gran voce in quella circostanza, per il momento è il ruggito di una belva di carta. Riteniamo che, alla base di questa crescita a metà, ci possa essere l'assenza di programmi politici concreti ed attuabili, caratteristica che accomuna un po’ tutti i partiti e movimenti di estrema destra, uniti soltanto dagli abusati cliché contro l’immigrazione, la moneta unica ed a favore di un anacronistico nazionalismo.

Molta gente li vota per dare un chiaro segnale di protesta ai governi in carica, ma nei momenti topici delle urne a livello nazionale questo sostegno viene meno. È evidente come, in fin dei conti, la struttura democratica della vecchia Europa occidentale finisca per reggere a questa tipologia di urti. Paradossale, al contrario, che la nazione che si fa portavoce della democrazia nel mondo, gli Stati Uniti d’America, abbia invece ceduto al richiamo del populismo nella sua forma più goffa e scontata.