In Francia si attende con palpitazione il ballottaggio delle presidenziali del 7 maggio. Il successore all’Eliseo sarà il vincitore tra il giovane enfant prodige Emmanuel Macron, vincitore del primo turno (24,0%) e Marine Lepen (21,3%), leader del partito di estrema destra Front national. Mentre i media sono focalizzati sulle ultime - e decisive - mosse dei due, seguite con tangibile interesse, come dimostra l’eco mediatico suscitato dalla rigida contestazione di Macron da parte degli operai di Amiens, si prospetta dinanzi ai francesi insoumis una difficile chiamata alle urne.

Chi è la France Insoumise?

La France Insoumise (la Francia che non si sottomette) è il nome del movimento autonomo guidato da Jean-Luc Mèlenchon, classe ’51, uomo di sinistra, il cui programma ha convinto più di 7 milioni di francesi, raggiungendo un risultato di gran lunga migliore rispetto ai pronostici iniziali. Mèlenchon ha portato avanti la sua campagna elettorale con maestria, con comizi accorati ricchi di riferimenti alla storia rivoluzionaria della Francia che abitò un tempo le strade di Parigi, o stupendo con la trovata ipertecnologica del suo ologramma proiettato nel palco di Aubervillers, nella banlieue parigina, mentre lui si trovava invece a Lione (con solo due secondi di differita!).

L’Avenir in comun, il programma della France Insoumise articolato in 83 punti, si sofferma soprattutto sul mondo del lavoro: propone di abbassare l’età pensionabile da 62 a 60 anni, di ritirare le nuove leggi per il lavoro la domenica, di dare una settimana di vacanza in più all’anno e alzare la soglia dello stipendio minimo di circa il 15%, aumentando contestualmente anche gli stipendi dei dipendenti pubblici.

Suggerisce inoltre di limitare gli stipendi dei Direttori Generali delle grandi aziende, che non dovrebbero prendere più di venti volte lo stipendio più basso offerto all’interno dell’azienda stessa e propone aliquote al 100% sui redditi superiori ai 400mila euro. Un altro punto focale dell’Avenir in comun riguarda l’ambiente.

Mèlenchon crede fermamente nella necessità di una conversione ecologica dell’economia e dell’industria, che spera di poter attuare sino al 100% entro il 2050. La salvaguardia dell’ambiente è per gli Insoumis un’esigenza ecologica e contestualmente fonte preziosa per la creazione di nuovi posti di lavoro. Le sue idee, definite socialiste da alcuni, utopiche da altri, hanno invece ottenuto un consenso crescente. Qualche settimana prima del voto i sondaggi vedevano Mèlenchon intorno al 14%, per poi salire fino al 18% a ridosso del primo turno. Una stima sempre inferiore rispetto al 19,6% ottenuto dalla France Insoumise, che ha mancato di fatto solo di poco il ballottaggio, considerata la differenza dell’1,7% con la Lepen, seconda candidata nel primo turno.

La delusione degli Insoumis

Gli Insoumis credevano fermamente che la vittoria sarebbe stata possibile. Aurèlie D. è una cittadina francese di Bordeaux che da venti anni vive a Firenze, la delusione è palpabile nei suoi occhi. «Se Mèlenchon avesse vinto queste elezioni sarei tornata a vivere in Francia», mi dice. E aggiunge: «Non ho mai seguito con particolare interesse la politica, adesso ho capito il motivo. In passato non sono mai rimasta colpita da un candidato, nel corso delle presidenziali. Mèlenchon è il primo uomo politico concreto, portatore di ideali che sembrano vicini ai miei. Vedo in lui un Presidente che si batterebbe per gli interessi dei lavoratori e della classe media della Francia.» Non è allora strano che Mèlenchon abbia vinto in grandi città come Marsiglia, con 91 mila voti strappata alla Lepen che si ferma a 86 mila, e Lille, dove prende il 29% lasciando Macron al 25%, e sia secondo a Bordeaux, Dijion e Strasburgo.

E adesso? Aurèlie continua a ripetermi Quel dommage! Che peccato! Sarà dura al ballottagio dover scegliere tra candidati di vedute così distanti da quelle della France insoumise. «Non so proprio cosa fare», mi dice. Da parte di Mélenchon ancora si attendono direttive ufficiali, nel mentre il suo portavoce Alexis Corbiere ha dichiarato in conferenza stampa che neanche un voto degli insoumis dovrà andare al Front National, neanche uno.