Nel bene o nel male, purché se ne parli. Una citazione, quella di Oscar Wilde, che fotografa al meglio la realtà del Movimento5Stelle. A un anno dalla morte del suo inventore, Gianroberto Casaleggio, il M5S è cresciuto esponenzialmente nonostante i passi falsi commessi lungo il suo cammino. I macroscopici errori che altri partiti avrebbero pagato a caro prezzo, sono divenuti le cartine di tornasole con le quali Beppe Grillo ha misurato la consistenza del Movimento. Quel “fidatevi di me” scritto dal comico in occasione del siluramento dell’ex candidata a sindaco di Genova, Marika Cassimatis, racchiude il vero segreto dei cinquestelle.

Fino a oggi questo rapporto fiduciario è servito per centrare l’obiettivo di superare il Partito Democratico. In futuro, però, la sola voce di Grillo basterà ad appianare criticità e anomalie interne già emerse? È questa la domanda che circola di più tra gli analisti politici. Come potenziale forza di governo sarà dura per il M5S celarsi dietro posizioni di comodo. Sia sul fronte nazionale che internazionale, i grillini saranno chiamati a scontrarsi contro gli stessi demoni dei loro nemici.

Democrazia interna

Il pasticcio di Genova ha dimostrato la fragilità del sistema di scrematura della classe dirigente. La rete rappresenta da una parte un mezzo innovativo per la politica, ma dall’altra è produttrice di effetti imprevedibili per chi pensa di poterla controllare.

Stretto nell’angolo dalla recente sentenza della magistratura, Grillo ha forzato la mano preannunciando una diffida legale contro la Cassimatis nel caso in cui confermi l’intenzione di presentarsi alle elezioni con il simbolo del M5S. Per prevenire un altro caos Genova è sceso in campo Davide Casaleggio. L’erede del fondatore del Movimento ha preso in mano le redini del comando rivendicando un potere decisionale non secondo a Grillo.

Da lui passeranno le prossime consultazioni per la scelta del potenziale premier e di tutti gli altri candidati sul territorio. Una sorta di filtraggio preventivo volto a scremare i profili di quelli che sono, almeno sulla carta, dei perfetti sconosciuti. Resta suggestiva, ma difficilmente percorribile, l’ipotesi auspicata da molti di una sua investitura per la corsa a Palazzo Chigi.

Casaleggio junior graviterà nell’ombra ma, rispetto al recente passato, sarà chiamato direttamente in causa per dettare priorità e obiettivi della futura agenda politica. Una novità questa non di poco rilievo.

Di Maio e i rumeni

Ciò che Grillo e Casaleggio non potranno mai prevedere, sono le uscite a vuote dei loro portavoce. Quella di Luigi Di Maio, ad esempio, ha scatenato accese polemiche sui Social. Il vicepresidente della Camera, per attaccare la cosiddetta partitocrazia, ha inteso bene citare l’intervento del Procuratore aggiunto di Messina Ardita sul tema Romania: “L’Italia ha importato il 40% dei loro criminali mentre la Romania sta importando dall’Italia le nostre imprese e i nostri capitali.

Che affare questa Ue”. Parole che non sono andate giù a migliaia di cittadini immigrati che hanno reagito con veemenza affidando alle pagine del web tutto il loro sdegno. A protestare è stata anche l’ambasciata rumena in Italia attraverso una lettera inviata al quotidiano La Stampa. Di Maio, da par sua, ha rincarato la dose ricordando a tutti le dichiarazioni (del 2009 ndr) del ministro della Giustizia rumeno, Catalin Predoiu: “Il 40% dei ricercati con mandato internazionale emesso da Bucarest si trova in Italia”. Poi la frenata: “Impariamo dai rumeni che scoraggiano i delinquenti e attirano le imprese”.