Rosy Bindi dice basta con la politica attiva, con i ruoli istituzionali. L’attuale presidente della commissione antimafia ha deciso di chiudere la sua carriera parlamentare con la conclusione della corrente legislatura, dopo 23 anni nel parlamento italiano preceduti da 5 in quello europeo. La Bindi non vede in quello che fa un lavoro, ma vede qualcosa per cui deve esserci una forte passione per essere fatta come si deve.

Una lunga carriera

Rosaria Bindi, per tutti Rosy, da Sinalunga in Provincia di Siena, è laureata in Scienze Politiche alla Luiss ed è stata assistente di Diritto Amministrativo alla Sapienza di Roma nella facoltà di Scienze Politiche e in seguito in quella di Giurisprudenza all’Università di Siena.

Durante la sua esperienza alla Sapienza si trovava al fianco di Vittorio Bachelet, di cui era assistente, quando venne assassinato dalle Brigate Rosse il 12 febbraio 1980.

Iscritta come il suo maestro ad Azione Cattolica, si legò alla Democrazia Cristiana, con cui fu eletta a Strasburgo e in seguito aderì al Partito Popolare Italiano prima e successivamente alla Margherita, di cui fu una delle maggiori esponenti.

Approdata alla Camera dei Deputati ricoprì ruoli di livello: Ministra della Salute dal 1996 al 2000 nei governi Prodi e D’Alema ed in seguito Ministra delle Politiche per la famiglia nel secondo governo Prodi dal 2006 al 2008. Nella XVI legislatura (2008-2013) fu eletta vicepresidente della camera dei Deputati.

Aderì alla nascita del Partito Democratico e ne fu presidente dal 2009 al 2013, connotandosi in tempi recenti per il suo convinto antirenzismo. Al termine del mandato venne eletta Presidente della Commissione antimafia succedendo a Giuseppe Pisanu e venendo, per il suo operato, pesantemente insultata dal presidente della regione Campania Vincenzo De Luca.

Anche durante i governi Berlusconi fu oggetto diverse volte di battute, anche pesanti, da parte dell’ex presidente del Consiglio.

Il dopo parlamento

L’intenzione della Bindi tuttavia è quella di lasciare la politica di Palazzo ma non quella della gente. Il suo sogno, oltre al dedicarsi a viaggiare, agli studi e al suo vecchio amore per la teologia, è quello di fare formazione politica e ricostruire le reti.

Vuole inoltre rimettere in sesto il PD, che lei contribuì a creare, ma che vede così lontano dall’idea con cui era nato, ossia un unione di varie ideologie dalla liberale alla socialista, dalla democristiana all’ambientalista.

Una Bindi dunque con un futuro lontano dalla luce dei riflettori, anche se si può scommettere che difficilmente potrebbe dire no al richiamo del Quirinale.