Quello che è accaduto domenica al Parco Archeologico di Siracusa deve fare riflettere come i versi del brano dedicato all'Italia da Francesco De Gregori: c'è una Siracusa che si dispera e una Siracusa che si innamora. Nonostante la città di Aretusa sia da tempo ripiegata su un dibattito pubblico tanto astioso quanto sterile, il cuore pulsante della speranza non si è spento. Il rancore non ha assopito la gioia, i personalismi della classe dirigente non hanno impedito alla voglia di bene comune di esprimersi tra le forze sane della comunità. L'Anfiteatro Romano è andato oltre se stesso, perché ha rappresentato un'opportunità di annunciare una stagione diversa, dove la critica diventa costruttiva e la politica non si nutre di odio ma gareggia in amore, alimentando gli entusiasmi.

L'operosità di Pippo Rosano, l'allegria sempre scanzonata di Costanza Castello, il proselitismo instancabile di Salvo La Delfa sono anticorpi capaci di generare nuove esperienze di aggregazione di cui in questo momento Siracusa ha un incredibile bisogno.

Speranza e ottimismo

La speranza di una città migliore muore realmente quando smettiamo di credere che esista. E gli accadimenti più recenti che hanno caratterizzato la vita politica cittadina, con la contrapposizione muscolare tra le istituzioni e il decadimento dello stesso sistema giudiziario agli occhi dell'opinione pubblica hanno avuto la responsabilità di deprimere il sentimento di speranza dei cittadini siracusani. L'associazionismo e il movimentismo sono apparsi domenica mattina degli antidoti al rancore e all'odio, palesando una sorprendente collaborazione anche tra quei cittadini impegnati in politica che si sono ritrovati con in mano tagliaerbe e sacchi di plastica.

A poco più di un anno dal rinnovo della rappresentanza cittadina nel palazzo municipale, questo evento può considerarsi un punto di riferimento da cui iniziare un cammino.

Fare rete tra persone che vogliono costruire

L'augurio, in definitiva, è che questa esperienza non sia un punto di arrivo ma un punto di partenza e che, ben oltre gli intendimenti manifestati dagli organizzatori, possano esserci tante altre occasioni successive.

Che questi volti possano fare rete tra di loro e contrapporre la concretezza di piccoli e grandi risultati per la città alla delusione per quell'agone pubblico da troppo tempo trasformatosi in luogo di accuse reciproche.