A dispetto dei problemi reali del Paese, in Parlamento ci si prepara alle urne nel breve periodo. In primavera arriveranno le elezioni amministrative in numerose città che fungeranno da prova generale per quello che sarà. Consenso ma soprattutto alleanze, restano il cruccio di molti che pure accelerano per ribaltare il tavolo. In questo scenario per così dire di transizione, il premier Gentiloni continua a incassare apprezzamenti per un lavoro svolto con diligenza lontano dalle luci dei riflettori. Un’efficacia che Renzi ha voluto sì certificare nelle sue ultime uscite pubbliche, ma che al tempo stesso si è intestato a mo’ di regista.

Il rapporto tra il premier e il segretario del PD resta granitico ma ciò non basterà al primo per arrivare alla scadenza naturale della legislatura. Superato lo stallo sulla legge elettorale, infatti, tutti o quasi proveranno il colpaccio già a settembre. Non sarà semplice però trovare un accordo alle Camere che metta in fila opposti interessi. Renzi ha teso più volte la mano non trovando alcun appiglio, convincendosi della necessità di poter saltare il fosso ricucendo i rapporti con Berlusconi. Una soluzione comoda, ma non certo apprezzata.

Nel nome delle elezioni

Renzi ha lanciato chiari segnali a Berlusconi prefigurandogli la possibilità di riscrivere insieme la nuova legge elettorale. Ospite del Maurizio Costanzo Show, il segretario dem si è lasciato andare a una battuta ambigua: “A Berlusconi chiederei chi ha rotto e quando il patto del Nazareno”.

Le larghe intese del resto erano e restano una delle tante opzioni sul tavolo, con l’ex Cavaliere pronto a mettere a disposizione i voti indispensabili per dare respiro alla nuova manovra di Palazzo. Lo scouting di Renzi non si è fermato a Forza Italia: i contatti sono stati avviati anche con Lega e Movimento5Stelle, quasi a voler dimostrare un’apertura totale per un accordo su larga scala.

A sorpresa l’ex premier non ha trovato le porte serrate dagli uomini di Grillo che, almeno sulla carta, invocano la chiusura della legislatura prima del 14 settembre prossimo (la fatidica data in cui scatteranno i nuovi vitalizi per i parlamentari). Proprio Di Maio, predestinato alla candidatura a premier per i cinquestelle, negli ultimi giorni si è lasciato fotografare accanto ai nemici giurati di sempre.

Un'inversione di rotta radicale per chi ha sempre rifiutato il confronto con la controparte.

Flop M5S sul territorio

Proprio nella logica degli equilibri tra partiti, cruciale sarà l’esito delle elezioni amministrative. La macchina dei sondaggisti si è messa in moto da tempo prefigurando alcuni scenari non di poco conto. Il primo riguarda il recupero del Partito Democratico e di Forza Italia che, in barba alle polemiche interne, strapperebbero il ballottaggio in numerosi Comuni. Il secondo interessa da vicino il M5S che, al contrario, rimarrebbe fuori dal secondo turno in maniera clamorosa. Dalle difficoltà nell’amministrazione di Roma Capitale al caso Pizzarotti a Parma, il grillismo è uscito ridimensionato sul territorio.

Lì dove prevale il lavoro visibile sul campo, il M5S ha perso contatto causando un distacco inarrestabile del suo primo elettorato. Da questa situazione Casaleggio e Grillo hanno preferito tenersi alla larga intervenendo laddove fosse estremamente necessario. Se però i sondaggi centrassero le loro previsioni con i cinquestelle fuori dalla bagarre a Verona, Genova, Parma e Palermo, difficilmente si potrebbe continuare a far finta di niente. A quel punto partirebbe il processo generale interno con Virginia Raggi, in primis, pronta ad abdicare.