Che Trump fosse un inguaribile ottimista – ma solo riguardo a se stesso - era risaputo da tempo. Il tycoon americano ha sempre gestito i propri affari in modo spregiudicato, minimizzando i fallimenti e massimizzando i propri successi. Come un novello principe machiavelliano, ha sempre creduto che “il fine giustifica i mezzi”, immaginando che il governo della nazione più potente al mondo fosse molto simile all’amministrazione delle sue società. Ma mentre nella gestione privata degli affari, i fallimenti e i successi possono essere pesati su una bilancia tarata in base alle circostanze, in politica vigono regole molto più dure e se si parla degli Stati Uniti gli interessi in gioco sono globali.

Il New York Times accusa Trump di “ostruzione alla giustizia”, mentre l’Washington Post punta il dito contro il presidente per aver divulgato informazioni segrete ai russi.

La bufera sullo scambio delle informazioni con i russi

Ad accusare il capo della Casa Bianca sono due tra i maggiori quotidiani americani, l’Washington Post e il New York Times. Non abituato a subire l’attacco giornaliero della stampa, il presidente si trova costantemente sotto il fuoco incrociato non solo dei media, ma anche dei suoi oppositori politici. Classificherà le notizie come “fake news”? Se fosse vero quanto ha scritto l’WP, sul fatto che il presidente abbia condiviso informazioni altamente riservate ai russi, sarebbe il suo primo caso di incidente diplomatico.

Ma passiamo ai fatti. La scorsa settimana, Trump ha ricevuto alla Casa Bianca il ministro degli esteri russo, Serghiei Lavrov, e l’ambasciatore di Mosca negli States, Serghiei Kisliak. Durante l’incontro il presidente americano avrebbe condiviso con i due funzionari russi, informazioni ricevute da Israele, il maggiore alleato statunitense.

Naturalmente la reazione di Trump all’attacco mediatico è stata affidata, come sempre, a Twitter. Il Presidente americano ha infatti dichiarato, tramite il social network, che era nelle sue prerogative - e quindi un suo “diritto assoluto” - condividere informazioni utili a contrastare il terrorismo e a tutelare la sicurezza aerea, non solo con i russi, ma con tutti gli stati alleati, “per ragioni umanitarie”.

“Voglio che i russi - ha scritto il presidente in un tweet – rafforzino notevolmente la loro lotta contro il terrorismo e l’Isis”.

Le reazioni internazionali

La rivelazione del presidente, il quale non ha negato di aver condiviso informazioni con gli uomini di Putin, ha suscitato le accese proteste non solo degli israeliani ma anche dei paesi dell’’Eu. Se verranno confermate le accuse lanciate dai due quotidiani americani contro il capo della Casa Bianca, gli stati europei si guarderanno bene dal condividere informazioni di intelligence con gli Stati Uniti. Ma anche il Senato americano chiede chiarimenti a Trump. Charles Schumer, leader dei democratici, ha chiesto al presidente di rendere disponibili le trascrizioni della sua conversazione con i russi.

Da Mosca, nel mentre, fanno sapere che tutta la vicenda è tutta una “fesseria” e che loro se ne lavano le mani, in quanto non vogliono averci nulla a che fare.

Le richieste di archiviazione e il rischio di impeachment

Il grattacapo più grosso che deve affrontare l’inquilino della Casa Bianca, è però l’accusa lanciata dal NYT. Se venisse confermata dalla magistratura, potrebbe portare ad una notifica di sfratto immediato per Trump. Per il senatore indipendente Angus King si potrebbe avviare la procedure di impeachment. L’accusa è di “intralcio alla giustizia”. Donald Trump, afferma il NYT, avrebbe chiesto a James Comey, capo dell’Fbi fino la 9 maggio del 2017, di fermare l’inchiesta su Michael Flynn, ex consigliere per la sicurezza nazionale del presidente.

L’impeachment negli Stati Uniti può essere richiesto in caso di “reati o misfatti gravi”, e se l’accusa venisse confermata, come ha affermato il senatore repubblicano John McCain, “sarebbe di ampiezza e gravità da Watergate”.