Non ha proprio pace il nuovo inquilino della Casa Bianca. A pochi mesi dall’insediamento sulla poltrona più prestigiosa e contesa degli Stati Uniti, il presidente Trump è stato investito, e rischia sempre di più di venire sepolto, da diverse valanghe. Al culmine dello scandalo Russiagate, arriva una nuova mazzata che pone a serio rischio la permanenza di Donald Trump alla guida della nazione più potente al mondo: oggi verrà denunciato dai procuratori dello Stato del Maryland e della capitale statunitense Washington. Le due procure accusano il presidente di avere accettato, tramite il suo impero aziendale, soldi e benefici da parte di Stati esteri.

La Emoluments Clause mette nuovamente nei guai Trump

Che fosse un elefante della politica lo aveva dimostrato fin dai primordi della campagna elettorale. Dovunque si muova, Trump continua ad inciampare in incidenti diplomatici, intrighi internazionali e scandali nazionali facendo cadere tutti i cristalli possibili. Stavolta l’accusa contro di lui riguarda una clausola costituzionale, la cosiddetta Emoluments Clause, che impedisce ai pubblici ufficiali di beneficiare di soldi o regali da parte di governi stranieri a meno che non abbia richiesto e ottenuto l’autorizzazione del Congresso. Ma ormai sappiamo che Donald Trump è un cane sciolto e che ciò che gli passa per la testa lo fa senza chiedere né permessi, né consigli, né tantomeno autorizzazioni agli organi preposti.

Ora il presidente può scrivere sul suo curriculum politico anche una citazione in giudizio da parte di rappresentanti della pubblica accusa; a gennaio era stata una Ong che si interessa di questioni etiche ad accusare Trump, ma l’iniziativa della due procure è la prima del genere.

Il Russiagate e le altre magagne trumpiane

Già alle prese con il Congresso, che sta continuando le indagini riguardanti il Russiagate, Trump deve ancora risolvere lo scandalo che lo ha visto favorito alle elezioni del 2016 grazie all’intervento aggressivo della Russia nella campagna elettorale del miliardario, in cui secondo le agenzie d’intelligence americane sono coinvolti anche diversi membri della sua famiglia.

Da quando ha preso possesso della Casa Bianca a gennaio, Donald Trump non si è né sbarazzato delle sue attività - ha solo affidato ai figli maschi adulti la gestione ordinaria delle aziende – né ha incaricato una blind trust di gestire i suoi beni per evitare conflitti d’interesse con la sua carica politica. La denuncia dei procuratori generali del Maryland, Brian Frosh e quello della capitale Washington verrà depositata oggi presso la Corte distrettuale Usa del distretto del Maryland.

A dirlo al Washington Post è stato lo stesso Frosh. “Trump verrà denunciato per non aver separato i suoi interessi personali dagli affari di Stato, contravvenendo in tal modo alla Emoluments Clause – ha spiegato il procuratore - la quale è stata istituita proprio affinché i pubblici ufficiali mettano al primo posto il Paese e non i propri interessi personali”.

Le accuse delle due procure

Tra le accuse lanciate al presidente vi è anche quella che ruota attorno all’hotel che Trump ha aperto nel 2016, affittando l’ex ufficio postale centrale (un grande edificio pubblico) e che, secondo i due procuratori, danneggia i concorrenti delle loro giurisdizioni. Il fatto che il Trump International Hotel, situato a due passi dal palazzo della Casa Bianca, porti l’insegna del suo inquilino più prestigioso, pregiudica tutte le altre attività alberghiere non solo nella città di Washington, ma nell’intero Stato del Maryland.

Le procure, infatti, ritengono che diversi governi esteri lo hanno preferito ad altri, non perché offra più o migliori servizi, ma perché porta il marchio Trump; come è accaduto con l’ambasciata del Kuwait che inizialmente aveva deciso di organizzare un evento al Four Seasons, ma ha poi cambiato idea scegliendo l’albergo del Presidente. A questa accusa si aggiunge anche quella di aver ricevuto denaro dall’estero. Denunce che cadono come tegole sulla testa del presidente Trump.