È iniziata ieri, 6 giugno 2017, la discussione parlamentare sulla legge elettorale. Nessuno dei nostri parlamentari dimostra di avere fretta, infatti ad oggi non è stato ancora deciso con precisione il giorno delle elezioni - data ipotizzata 24 settembre - perché tutti i partiti si barricano dietro la motivazione che, senza un sistema elettorale in grado di dare la possibilità di governare a chi vincerà al termine delle elezioni politiche, non ha alcun significato andare alle urne.

Il presidente emerito Giorgio Napolitano ha criticato duramente questo atteggiamento, definendolo solo un comportamento di convenienza dei quattro maggiori partiti (Pd, FI, M5S, Lega Nord).

Proseguendo nella sua analisi, l'ex Capo dello Stato ha anche ribadito il concetto che la nuova legge sulla quale ci si sta attualmente confrontando, rischia di rendere ancora più difficile la governabilità del paese.

La discussione inizia, e in aula sono presenti solo 29 deputati

In questi giorni, la riforma elettorale è entrata nel pieno della discussione parlamentare. La legge si ispira alle regole del modello tedesco e, di fatto, si parla di un sistema proporzionale con 112 collegi uninominali al Senato e 225 alla Camera dei Deputati, con una soglia di sbarramento al 5%, al di sotto della quale non si può accedere al Parlamento. Le modifiche studiate dai nostri parlamentari - rispetto alla legge vigente in Germania - riguardano: l'equilibrio di genere (pari presenza tra donne e uomini in entrambi i rami parlamentari), l'eliminazione dei capi lista bloccati, e anche la cancellazione delle candidature a più collegi elettorali.

Se i tempi tecnici lo permetteranno, il testo definitivo della nuova legge dovrebbe essere approvato entro la prima settimana di luglio. Ad oggi però, regna ancora molta confusione tra gli stessi parlamentari e, di conseguenza, anche tra l'opinione pubblica. Il messaggio evidente che traspare è che, in ogni caso, tutti i partiti vogliono andare alle elezioni molto presto, indipendentemente dal sistema elettorale.

A questo punto, il cittadino si chiede: ha senso andare a votare con un sistema proporzionale in base al quale, quasi sicuramente, i due maggiori partiti dell'attuale schieramento politico (PD e M5S) potrebbero avere un' uguale preferenza di voti da parte degli elettori? In questo caso, il rischio sarebbe un'ingovernabilità del Paese.

Qualora si dovesse verificare questa situazione, risulterebbero fondamentali le alleanze con i partiti definiti minori, per potere usufruire di una maggioranza parlamentare sia alla Camera che al Senato. Anche in base a queste riflessioni, le domande che ogni cittadino dovrebbe porsi sono le seguenti: è cambiato forse qualcosa? Enormi discussioni e tantissimi soldi dei contribuenti spesi per cosa?

In realtà, è bene che la nuova legge elettorale dia una sola, autentica certezza: chi vince le elezioni deve avere la possibilità concreta di governare. Per raggiungere quest'obiettivo, sono chiamati a lavorare i rappresentanti parlamentari dai noi stessi eletti.