Per un Partito Democratico dilaniato da lotte fratricide perpetue, c’è un Movimento5Stelle uscito rafforzato dalle elezioni amministrative nonostante risultati poco lusinghieri. Buio pesto al primo turno, otto ballottaggi vinti su dieci al secondo: un bilancio non certo lusinghiero ma che è bastato a rassicurare i vertici dopo settimane piuttosto turbolente. Beppe Grillo e Davide Casaleggio hanno radunato le truppe in vista dell’obiettivo più ambito: la vittoria delle politiche nel 2018. È sullo spirito di unità che ha fatto appello il comico genovese consapevole del fatto che, nonostante dichiarazioni e sorrisi di facciata, all’interno del M5S covano le stesse problematiche dei classici partiti.

La campagna elettorale prossima porterà in primis la definizione del programma di governo e, conseguentemente, le scelte del candidato premier e della squadra di governo. Un passaggio che sarà piuttosto delicato (vista l’ambizione di molti) ma che seguirà l’iter al quale il M5S ha abituato la sua base. I punti centrali dell’agenda verranno calati dall’alto con la benedizione di quanti parteciperanno alle votazioni attraverso l’unico house-organ ufficiale: il blog di Grillo.

Il dado è tratto

Quello di aprire alle consultazioni online, naturalmente, non altererà gli equilibri e le decisioni già assunte dal duopolio Grillo-Casaleggio. Sulla designazione del candidato premier non ci saranno sorprese, né verranno pescate personalità illustri dalla società civile: il prescelto è da tempo Luigi Di Maio.

Proprio questa certezza ha provocato malumori importanti all’interno del M5S perché in diversi, a buon titolo, restavano convinti della possibilità di giocarsi le proprie chance. Ieri il giovane vicepresidente della Camera, parlando da leader in pectore, ha ribadito che il Movimento è pronto a fare il suo ingresso da protagonista a Palazzo Chigi.

Non solo, Di Maio ha confermato le parole di Casaleggio sull’opportunità di condividere il programma di governo grillino con le parti sociali. Un messaggio volto anche a riavvicinare il M5S all’elettorato progressista, dopo un’ultima fase di attività politica nella quale slogan e dichiarazioni varie hanno fatto quasi intendere una corrispondenza di amorosi sensi con la Lega di Salvini.

Proprio il capitolo delle alleanze resta un tabù ma, se si dovesse andare al voto con il sistema proporzionale, i nodi verrebbero tutti al pettine.

Scivolamento a Destra

La denuncia contro le Ong, la richiesta di stop ai migranti e la chiusura dei campi rom a Roma. Le ultime prese di posizione hanno cristallizzato, nonostante le smentite vigorose dei suoi esponenti, le connotazioni del M5S. Grillo e Casaleggio hanno fiutato l’aria dopo il primo turno, prendendo coscienza del fatto che l’avversario prossimo alle elezioni sarà il Centrodestra e non il PD. Ecco che la macchina della comunicazione pentastellata si è messa subito in moto per evitare di lasciare troppo spazio a quello che è divenuto il nemico numero uno da battere: Renzi era e resta un bersaglio della propaganda grillina, Salvini è colui che ha dimostrato di avere una marcia in più.

Già nelle scorse settimane si parlato di un avvicinamento (con tanto di incontro tra il segretario del Carroccio e Casaleggio svelato da La Repubblica, poi querelata ndr) tra il M5S e la Lega. Un’alleanza tra le due forze d’opposizione può apparire oggi fuori dal mondo, ma occhio al 2018: se si andasse al voto con il proporzionale, il M5S vincerebbe ma non avrebbe i numeri per governare. Quale assist migliore per far abbracciare i due elettorati già gemellatisi nei ballottaggi?