Tutte le sconfitte sono dolorose, ma talvolta sono utili. Lo scenario fuoriuscito dal primo turno delle urne comunali consegna già alcuni importantissimi verdetti e quello che salta più facilmente all'occhio è la debacle del Movimento 5 Stelle in tutta Italia. Un anno fa i grillini conquistavano due tra le maggiori città italiane, Roma e Torino. Dodici mesi dopo, i candidati sindaco pentastellati approdano ai ballottaggi soltanto in 8 comuni, vengono esclusi da tutte le città capoluogo e, oltre al danno, subiscono la beffa di assistere al successo elettorale di dissidenti ed espulsi.

Federico Pizzarotti accede al secondo turno in quel di Parma, Marco Fabbri diventa sindaco di Comacchio (Ferrara); se non è una Caporetto, poco ci manca, ed oltretutto non si tratta di un trend circoscritto ad alcune aree del Paese, bensì generalizzato da Nord a Sud. Mettendo a paragone i voti delle due maggiori forze politiche, il PD a livello nazionale ha raccolto il 37 % dei consensi, il M5S appena il 9,8.

Ritorno al tradizionale bipolarismo?

Le amministrative del 2017 riportano indietro il Paese di qualche anno, ovviamente dal punto di vista della mappatura politica. Un pò ovunque, il duello per le poltrone di primo cittadino ha visto al primo turno e vedrà protagonisti al ballottaggio candidati del PD e del centrodestra unito.

Ciò conferma la bontà delle scelte del Partito Democratico ed i dati in tal senso parlano chiaro, quelli che indicano 22 sindaci su un totale di 37 eletti al primo turno ed 89 al ballottaggio. L'esito del voto dimostra inoltre a Forza Italia e Lega Nord, i maggiori partiti del centrodestra, che quando l'unità di intenti prevale sulle barriere ideologiche, i successi elettorali possono essere a portata di mano.

"I risultati del primo turno sono buoni - ha detto Matteo Renzi - ora però avanti con i ballottaggi". Sull'altro fronte, Silvio Berlusconi ha espresso grande soddisfazione. "Il centrodestra vince quando è unito - ha sottolineato il leader di Forza Italia - e quando fa prelavare le ragioni dell'alleanza con programmi concreti.

I nostri valori cristiani ed i nostri programmi liberali hanno ottenuto la fiducia di molti italiani".

Declino M5S? Un giudizio prematuro

In molti hanno ironizzato sulla trovata istrionica di Beppe Grillo, quella di recarsi alle urne con tanto di casco. "Lo ha indossato perché sapeva che avrebbe battuto la testa", è il commento ironico di molti utenti sui social. In realtà, dopo qualche ora di riflessione, il vulcanico leader pentastellato è passato subito al contrattacco. "Tutti stanno gongolando sulla fine del Movimento, non vi illudete. A luglio avremo il candidato presidente della Regione Siciliana, a settembre il nostro candidato premier. Successi e fallimenti ci possono stare, fanno parte della nostra storia. Noi andiamo avanti per la nostra strada".

Al di là del suo stile poco politicamente corretto, Beppe Grillo afferma una sacrosanta verità. Definire i Cinque Stelle in declino per una debacle elettorale è prematuro ed i voti delle amministrative potrebbero certamente subire uno stravolgimento quando si tornerà alle urne per eleggere il nuovo parlamento. In Italia, in tempi di Seconda Repubblica, raramente c'è stata coerenza tra il voto amministrativo e quello politico e le truppe grilline hanno già dimostrato di muoversi meglio in ambito nazionale, piuttosto che a livello di enti locali.

Le macerie amministrative

Le esperienze amministrative nelle città più importanti conquistate, nel recente passato, dai candidati pentastellati non sono state tra le migliori.

La strada di Virginia Raggi alla guida della Capitale è stata in salita sin dai primi giorni; al contrario, sembrava nata sotto ottimi auspici l'amministrazione torinese di Chiara Appendino, ma anche quest'ultima sta iniziando a mostrare qualche crepa, come testimonia il recentissimo rimpasto di giunta. Aggiungiamo anche i casi di Parma e Livorno: a conti fatti, se queste sono le prove generali di una forza politica che aspira a governare il Paese, non possiamo definirle promettenti. Al primo turno delle amministrative dell'11 giugno, Il M5S ha indubbiamente pagato un pesantissimo dazio a Genova e Palermo. Nella città di Beppe Grillo la sconfitta è stata più rumorosa, ma era nell'aria. La vicenda legata a Marika Cassimatis, candidata scelta dai militanti e poi rigettata dal 'guru', era un prevedibile boomerang che ha colpito un leader capace di infrangere le sue stesse regole, oltre a stravolgerle a proprio uso e consumo.

Nel capoluogo ligure è andata in scena una 'faida' politica all'interno dello stesso Movimento, i cui effetti finali sono quelli testimoniati dal voto. A Palermo, invece, i grillini partivano certamente ad handicap dopo lo scandalo delle firme false.

La metamorfosi maldestra

Al di là degli esagitati, quella parte del popolo pentastellato animato da un surreale 'verba manent', c'è una grossa fetta di militanti rimasta quantomeno perplessa dinanzi alle ultime peripezie del Movimento. I vertici sono consapevoli che, per governare l'Italia, gli 'indignados' devono diventare politici. Sul fronte europeo e nazionale abbiamo assistito a svariati tentativi di metamorfosi. Ne citiamo soltanto alcuni: a livello europarlamentare, ad esempio, l'avvicinamento ad una coalizione più europeista a discapito della consueta posizione euroscettica, salvo poi tornare sui propri passi nel momento in cui la porta è stata chiusa.

Andando alle cose di casa nostra, il bene placet di Grillo alla riforma elettorale sancita dal patto Renzi-Berlusconi è stata mal digerita da una parte dell'elettorato. L'intesa è franata ed il Movimento sembra aver accusato il colpo più di qualunque altra forza politica. Per non parlare dell'ortodosso dichiarato, Luigi Di Maio, che si esprime quasi da consumato europeista e spende elogi per francesi e tedeschi. Una svolta moderata può anche essere positiva per i grillini, a patto che sia graduale e ragionata, passo dopo passo. In caso contrario, qualunque testacoda passa per 'palese opportunismo', sembra soltanto un espediente e non è credibile agli occhi degli elettori. Oggi i grillini sono chiamati a fare tesoro dei tanti errori commessi negli ultimi mesi.

La sconfitta alle elezioni amministrative è stata schiacciante, ma può essere utile. A patto che i programmi prendano il posto dei proclami e che ogni scelta sia ponderata, che si trovi un punto d'incontro tra ortodossia e moderazione. Il rischio, in caso contrario, è di rimanere vittima delle proprie contraddizioni.