E' arrivata a fine giugno, la fredda, puntuale, decisa e solida analisi del Papa sul rapporto che c’è tra occupazione-sindacati-lavoratori nell’odierna società in occasione di un’udienza tenutasi davanti a 1000 rappresentanti della Cisl guidati dalla segretaria generale Annamaria Furlan.

Papa Francesco è deciso e in questa occasione tocca temi quali le scelte governative in tema Lavoro, la credibilità che i sindacati hanno presso i consociati e soprattutto la sua visione dei doveri di un sindacato.

L'analisi del Papa

Sembra quasi un padre, un genitore che ha ragione e a cui non si può proprio rispondere quando pronuncia il suo discorso fatto di punti fermi, rimproveri e aspettative tradite, ma anche future.

Parte dal Governo l’analisi, che non è certamente politica, ma piuttosto orientata sul risultato odierno di scelte governative evidentemente sbagliate, quindi sulla società dei lavoratori.

Ci troviamo infatti oggi di fronte a un Governo che tiene le redini di una società che Bergoglio definisce “stolta e miope”: tanto stolta che intensifica il lavoro degli anziani a fine carriera privando ai giovani di iniziare, estromettendoli, qui arriva la miopia, dal mondo lavorativo cui apporterebbero entusiasmo, gioia e novità di competenze!

Papa Francesco propone un patto sociale, un patto di fiducia simile a quello di Rousseau dove però i protagonisti sono i lavoratori, che devono avere fiducia ad entrare in un mondo del lavoro organizzato e tutelato, e i sindacati che per guadagnare più fiducia dovrebbero essere meno politicizzati e immuni da quegli episodi, che spesso si sono verificati, di corruzione tali da comprometterne la credibilità.

Dipinge benissimo il Pontefice la politicizzazione di sindacati accecati dalla smania di uguaglianza, che Bergoglio giustamente dice dovrebbe far posto all’equità in una società dove sono ingiuste le Pensioni d’oro come quelle povere, dove però c’è un bilancio di posizioni e una corresponsione di prestazioni lavorative.

Insomma Bergoglio non vuole un sindacato che cerchi di far pendere l’ago della bilancia, ma un sindacato che riconosca e tuteli le posizioni lavorative, giustamente differenziate.

Necessità di innovazione nel ruolo del sindacato

Il sindacato infatti, ricorda il Papa, non è solo dei lavoratori ma di tutti gli aventi diritto al lavoro, di quelli che definisce gli “esclusi dal lavoro, dai diritti e quindi dalla democrazia” dimostrando di conoscere bene l’art. 1 della nostra Costituzione.

In questo, nel tutelare le posizioni degli estromessi, nella presa di coscienza di ciò come un dovere proprio risiede l’innovazione che il sindacato deve fare del proprio operato.

Come dare torto al Pontefice se è esattamente questo clima di giusta sfiducia a contribuire allo stallo occupazionale creatosi?

Questa analisi infatti, giunge in un periodo storicamente bisognoso di dure riflessioni e altrettante manovre. Basti pensare infatti che coesistono pochi fattori che sono in grado di generare una miscela esplosiva. Infatti si avvilirà chi si troverà a notare che il calo delle nascite (persistente dal 2008), combinato a un’emigrazione di lavoratori dal nostro Paese in Europa e non solo, determina un calo del tasso di occupazione perché la domanda stessa va scomparendo.

Si stima infatti che nel 2040 probabilmente solo il 56 per cento della popolazione sarà in età lavorativa, di cui solo 69 per cento under 64!

Le pensioni arriveranno sempre più tardi e le pagheranno quindi le nuove leve, i giovani.

Giovani cui sicuramente non si può fare una colpa del calo delle nascite, sarebbe un atto di estrema fiducia nell’evoluzione per un giovane che non viene messo in grado di lavorare mettere al mondo una vita, ma per quanto riguarda l’emigrazione di cervelli quanti lo vogliono davvero? Quanti controvolgia invece emigrano verso occasioni lavorative più proficue che sarebbero lieti di accettare nel nostro Paese se solo il Governo si decidesse ad effettuare qualche manovra?

Sembra configurarsi un diritto di asilo lavorativo.

Furlan: necessitano manovre taglio Irpef

A proposito di manovre arriva invece la risposta al discorso di Papa Bergoglio da parte della Furlan, la quale ammette la puntualità dell’analisi contestualizzandola in un sistema fiscale da lei stessa definito “farraginoso”, incapace di recuperare l’evasione degli evasori accertati, necessitante, per stare al passo con l’Europa, di severe riforme, come un taglio dell’Irpef immotivatamente più alta in Italia che nel resto dell’Europa.

Un discorso, quello di questo Papa, che smuove le coscienze ma fatto di semplicità, dove nulla c’è da obiettare in merito ai riferimenti ad anni di lotte politiche insensate e cieche di sindacati corrotti. Un rapporto di fiducia rotto. L’estromissione dei disoccupati da uno Stato di diritto. L’entusiasmo e la gioia lavorativa dei giovani aspiranti lavoratori.

Il Papa garante della Costituzione

Un discorso che pare il contrario della garanzia dell’art 1 della nostra Carta Costituzionale che perentoriamente afferma che “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”.

Il lavoro, un diritto tutelato direttamente dal primo articolo della Costituzione, una scelta effettuata dall’Assemblea di identificare il nostro Stato con il guadagno morale che nasce dalla volontà lavorativa dei cittadini.

Uno Stato che solo così, lavorando, voleva dirsi fiero.