Determinato, istruito e con tanta voglia di essere attivo in una società vetusta che taglia le gambe alle nuove generazioni: così potrebbe essere descritto sinteticamente Leonardo Quattrucci; con costanza e determinazione, il giovane umbro (classe 1992!) è riuscito ad ottenere oltre ai giusti riconoscimenti da parte dei più importanti quotidiani internazionali anche un ruolo di prestigio all'interno della Commissione europea a Bruxelles, dove lavora come consulente politico per il dipartimento dell'EPSC. Ecco l'intervista in esclusiva.

1) Quando l'hanno inserita nella lista Forbes che reazione ha avuto?

Sorpresa, ovviamente, e poi gratitudine, responsabilità e determinazione. Riconoscimenti del genere non sono un punto d’arrivo, ma di partenza.

2) Ufficializzando il suo ruolo di influencer internazionale in che modo è cambiata la sua vita professionale?

È aumentato il lavoro! Io credo che, quando si riceve un’opportunità oggi, bisogni impegnarsi ad estenderla ad altri domani. Il suo chiamarmi “influencer” mi lusinga. Allo stesso tempo, alla fine della giornata, quando passa il titolo di coda, è l’impatto che resta. Ed essere parte di una comunità di talento e senza confini serve a diffondere e creare impatto.

3) Gli italiani sono malpensanti e dunque vedendo lei sotto i 30 anni avere già un ruolo sociale così prestigioso si saranno domandati: "Qualche politico l'avrà raccomandato o è solo farina del suo sacco?"

Gli italiani che conosco io, in realtà, sono imprenditoriali – hanno voglia di creare progetti duraturi e di valore, con una dedica speciale all’Italia.

Anche se devo ammettere che in Italia c'è troppo spesso un problema di gerontocrazia: il dato anagrafico conta ancora più delle competenze.

Visto che chiede, le racconto una breve storia. Per gioco, un amico una volta mi ha invitato a cercare su Google il mio nome e cognome. Automaticamente, il motore di ricerca ha suggerito "Leonardo Quattrucci figlio di…" Questo è ciò che incuriosisce la maggior parte degli utenti, apparentemente.

Mi ha fatto sorridere perché io sono semplicemente figlio di due genitori che mi hanno dato la libertà di fare le mie scelte – da cose semplici, come l'indirizzo del liceo – a condizione di lavorare duro per perseguirle. Perché ad ogni libertà corrisponde una responsabilità e il duro lavoro paga. Io la chiamo visionaria ordinarietà.

4) Lei ha studiato presso facoltose università grazie alle borse di studio, tuttavia nel nostro paese esse sono poche e mal gestite e spesso non permettono a studenti preparati di poter continuare gli studi seppur meritevoli: triste storia non le pare?

La domanda è: siamo preparati per il futuro del lavoro in un momento in cui si sta trasformando profondamente? Siamo preparati a sostenere il benessere tra generazioni? Le borse di studio sono un aspetto, e gli italiani, nella mia esperienza, sono svantaggiati rispetto ad altri. Ma la vera questione è che ad oggi 7 giovani italiani su 10 non riescono ad essere economicamente indipendenti. In più, le università certificano un tipo di apprendimento che non è più al passo con l’era digitale: siamo qualificati ma manchiamo di competenze per i lavori che verranno.

Un ritardo generazionale del genere fa male a tutti: se i lavoratori di domani mancano di opportunità, chi paga le pensioni? Il capitale umano è la nostra più grande risorse e bisogna ripensare il modo di coltivarlo.

5) Questa forse è la migliore generazione in termini scolastici ma la peggiore in termini di responsabilità e moralità. Può un giovane influencer come lei essere da traino?

Questa è una generazione di grande sensibilità: più di ogni altra, abbiamo la cifra globale delle sfide che caratterizzeranno i prossimi decenni, dal cambiamento climatico all’equità sociale. Ma troppo spesso manchiamo di imprenditorialità civica. Spesso faccio un gioco: chiedo agli under 35 quanti di loro siano impegnati in politica o servizio pubblico.

Due su 10 alzano la mano in media. Troppi di noi non vanno a votare, e poi ci sorprendiamo che i risultati elettorali indesiderati.

Nel 21esimo secolo, ogni cittadino ha la possibilità di essere un imprenditore al servizio della comunità. Con i Global Shaper di Bruxelles – un gruppo di volontari di cui sono alla guida – stiamo creando piccoli laboratori di imprenditorialità civica: riuniamo persone di qualsiasi tipo per parlare di come prepararci al futuro del lavoro, costruiamo una guida al vivere insieme nel modo delle fake news che ci diseducano al rispetto e all’ascolto. Chi partecipa, torna a casa con la prova tangibile e la fiducia che il futuro è il risultato di semplici gesti di cittadinanza.

A partire dai propri.

6) Dove si vede tra 10 anni?

La domanda che mi pongo io è: cosa posso imparare nei prossimi 10 anni? Forse manco di immaginazione, ma il meglio che so immaginare è che se ci riparlassimo tra 10 anni sarò più capace e credibile perché avrò generato valore sociale con progetti d’impatto. Le carriere vanno e vengono, le competenze rimangono.