Il g20 di Amburgo non ha segnato volte epocali, ma certamente rispecchia in maniera quasi fotografica ciò che si sta determinando in questi mesi nel mondo, da quando Donald Trump si è insediato alla Casa Bianca. Non sappiamo ancora se, con Trump, l'America tornerà nuovamente grande per come la intende il presidente. Di certo è un'America sempre più sola, le discusse e discutibilli prese di posizione del suo leader, parzialmente smentite dai suoi approcci diplomatici, rischiano di trasformare in un'isola la più grande potenza economica e militare del pianeta.

Il diretto interessato fa orecchie da mercante. Era ancora in volo verso Washington, di ritorno dall'Europa, quando sull'Air Force One ha allertato il suo staff per predisporre il documento conclusivo del G20 in cui espone il suo punto di vista sul summit. I toni sono trionfanti, il mondo avrebbe recepito le posizioni statunitensi su ogni questione. Trump si dimostra coerente con quel populismo nazionalista che ha fatto presa sugli elettori e fornisce loro ciò che vogliono leggere. In questo non ci sembra tanto diverso dal dittatore nordcoreano Kim Jong-un, con la differenza che l'opinione pubblica americana non è un circo orwelliano.

Siria e Corea del Nord: Russia e Cina dettano le regole

Innanzitutto la politica estera.

Non bisogna essere particolarmente lungimiranti per comprendere che sulle crisi internazionali che vedono coinvolti gli Stati Uniti o, per meglio dire, dove gli States si sono volontariamente fatti coinvolgere, sono altri a dettare le regole del gioco. In Siria questo avviene ormai da mesi e la tregua concordata da Trump e dal presidente russo Vladimir Putin nel sud-ovest del Paese non sposta di millimetro gli equilibri attuali.

Il cessate il fuoco deciso dai due leader in realtà è già virtualmente in atto da qualche giorno, deciso dal governo siriano su richiesta di Mosca per facilitare i colloqui di Astana tra Damasco e l'opposizione. Nella capitale kazaka si stanno decidendo i destini della Siria e ciò che viene sancito, è il frutto di un accordo trilaterale tra Russia, Turchia ed Iran.

Putin ha raggiunto il suo obiettivo di stemperare i toni di Washington su ciò che gli preme maggiormente, il futuro del presidente Bashar al-Assad. A margine del G20, il leader del Cremlino ha convocato una conferenza stampa che aveva come oggetto la questione siriana. "Non so se la posizione degli Stati Uniti sia cambiata, di certo è più pragmatica e c'è la consapevolezza che unendo le forze possiamo ottenere maggiori risultati". Quanto al futuro politico del Paese, il segretario di Stato americano, Rex Tillerson, ha escluso la possibilità di un'ulteriore chance per Assad al governo, contraddicendo nuovamente sé stesso. "Rispetto Tillerson, ma lui non è un cittadino siriano e soltanto il popolo siriano ha il diritto di determinare il futuro del presidente Assad", ha concluso serafico Vladimir Putin.

La posizione di Mosca è la stessa da mesi, quella di indire elezioni democratiche in Siria alle quali possa prendere parte l'attuale governo. Molto atteso era inoltre il bilaterale fra Trump ed il leader cinese Xi Jinping, al centro del quale c'era la crisi della penisola coreana. Alla fine Trump ha ammesso che "la questione dela Corea del Nord richiederà più tempo di quanto vorrei, ma c'è bisogno di fare qualcosa". La posizione americana resta quella di convincere la Cina a 'tagliare i fondi' al piccolo Stato comunista. La questione sarà comunque discussa in altre sedi, Xi Jinping ha proposto uno 'scambio di visite' tra i ministri della Difesa di Stati Uniti e Cina che potrebbe svolgersi a breve.

La posizione di Pechino resta quella di una soluzione diplomatica, inutile dire che anche in questo caso non è Washington a dettare le regole.

Commerci, clima ed immigrazione

Se l'America resta ferma da un punto di vista militare, una guerra di altro tipo sembra imminente. Sui commerci, rispettando fedelmente il suo programma 'America First', Trump ha attaccato un pò tutti i leader presenti al G20 riservandosi "misure difensive" per risollevare l'attuale deficit statunitense. Tradotto in parole povere, Washington ha intenzione di imporre dazi sulle importazioni materiali dall'estero, a partire dal'acciaio. Ciò scatenerebbe un autentico muro contro muro con Unione Europea e Cina. Non ci si attendevano novità nemmeno dall'accorso sul clima, sancito in questo caso da una sorta di 'G19 contro Trump'.

Tutti i leader presenti, con l'eccezione ovviamente del presidente americano, hanno definito irreversibili gli accordi di Parigi. I portavoce della Casa Bianca hanno sottolineato che gli Stati Uniti "vogliono difendere l'ambiente, ma utilizzando altre misure". In merito ci sarebbe stata parecchia tensione fra Trump ed il presidente francese, Emmanuel Macron. Sull'immigrazione, tema che vede l'Italia in prima linea, Donald Trump non si è minimamente opposto a risoluzione più decise contro i trafficanti di esseri umani. La proposta del presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, di inserire sanzioni contro gli scafisti è saltata, ma non per colpa del presidente americano: sulla questione c'è stato il veto di Russia e Cina.

Sulla questione ad onor del vero, Trump ha esposto un punto di vista che, per certi versi, somiglia tanto a quello espresso pochi giorni or sono da Matteo Renzi. "La soluzione è quella di aiutare i Paesi da dove scappano i migranti".

L'isola a stelle e strisce

Donald Trump ha dunque monopolizzato un G20 che, senza la sua presenza, sarebbe stato piuttosto formale, ma la sua interpretazione complessiva è da "tanto rumore per nulla". Al di là dei suoi proclami e dei tweet quotidiani, la sua è un'America ben diversa da quella di Barack Obama che negli ultimi anni di presidenza era riuscito a sanare alcune storiche ferite degli States come Iran e Cuba, marciando al fianco dell'Unione Europea e tendendo la mano verso la Cina.

Unica eccezione, i rapporti con la Russia che si erano deteriorati nell'ultimo periodo e che, certamente, non sono migliorati con Trump al di là del cordiale colloquio di Amburgo con Putin. L'America di Trump, al contrario, sta facendo di tutto per colpire e riaprire le vecchie fratture e ne sta provocando di nuove, nel caso specifico dell'Europa anche con storici alleati. I tempi in cui gli Stati Uniti dettavano le proprie condizioni ai summit internazionali sono dunque stati archiviati, l'America odierna elenca le proprie regole in disaccordo con il resto del mondo e, nel contempo, subisce quelle di altri. Un Paese che vuol tornare grande, ma per il momento è sempre più isolato.