Facebook cede alle pressioni del procuratore speciale Robert Muller, accetta di collaborare con il congresso americano sullo scandalo del Russiagate. Le indagini vedono un legame tra il social network più usato al mondo e alcuni committenti russi.

Le accuse

La piattaforma di Facebook, che da poco ha raggiunto i 2 miliardi di utenti, sarebbe stata usata per influenzare i risultati delle elezioni americane del 2016 che hanno portato alla vittoria Donald Trump.

I dati fanno risalire direttamente a utenze commerciali russe chiamate in gergo ‘troll farm’, che tra il 2015 e il 2017, servendosi di circa 500 account non accreditati, comprarono più di trentamila inserzioni, spendendo per le pubblicità sul social una cifra che supera i 100 mila dollari.

I messaggi pubblicitari non facevano un chiaro riferimento alla campagna elettorale di Trump, ma erano adattati a varie fasce di elettori, influenzandoli con messaggi subliminali a favore dei temi proposti dal magnate americano durante la campagna elettorale. Mark Zuckerberg in persona fornisce le prove al procuratore Muller.

Zuckerberg e Facebook chiariscono la loro posizione

“Nessuno deve usare questi strumenti per ostacolare la democrazia, Facebook è nato per dare voce alle persone e renderli meno distanti”, così dichiara Zuckerberg su FacebookLive. Promette anche di assumere 250 nuovi dipendenti per garantire la sicurezza, per fare in modo che quello che è accaduto nelle scorse elezioni non si ripeta.

“Daremo più trasparenza alla pubblicità politica, controllando con maggiore accortezza a chi verranno venduti gli spazi per le inserzioni, vorrei poter dire che fermeremo tutte le interferenze, ma non sarebbe corretto”, così conclude Mark Zuckerberg.

Il Congresso americano vuole regole precise

Durante le campagne elettorali, i mezzi di comunicazione devono seguire delle regole-leggi ben precise, ovvero giornali, radio, reti TV e giornalisti sono regolamentati dalle leggi americane per la diffusione dei contenuti politici, mentre i social network non sono soggetti a nessun vincolo in merito.

Con l’indagine di Muller, il Parlamento americano sta pensando di imporre delle regole che possano vincolare i giganti della comunicazione online, anche se questi non appartengono a categorie di carattere giornalistico, che influiscono direttamente o indirettamente sul giudizio del cittadino.