Dal muro ai confini con il Messico al bando degli immigrati di alcuni Paesi a maggioranza musulmana, dal ripensamento sugli accordi con Teheran alle soluzioni proposte per la crisi in Siria, dalla reazione alle provocazioni/minacce della Corea del Nord alla ritrosia alle condanne del presidente russo, dal tirarsi indietro dagli accordi sul clima di Parigi ai rapporti con Cuba. Ad ogni posizione assunta dal Presidente americano, si ha una levata di scudi da ogni dove. La notizia del giorno è la presa di distanza di Stephen Curry della Nba, insieme al collega Kevin Durant dei Golden State Warriors, due simboli del Basket americano che hanno anticipato la loro decisione di non partecipare al tradizionale invito alla Casa Bianca, occasione che vede convenuti campioni di tutti gli sport.

La risposta di Trump non si è fatta attendere: ha semplicemente annullato l’evento.

Trump è l’uomo giusto al posto giusto?

La globalizzazione impone a tutti, ad ognuno di noi ma soprattutto ai nostri governanti, di rivedere le nostre posizioni ridefinendole in uno scenario molto più ampio. E più complesso. Così l’uomo di colore che fino a qualche anno fa potevi ignorare, adesso te lo trovi dentro casa perché suo figlio va a scuola con il tuo. All’extracomunitario che guardavi con diffidenza, ora lasci le chiavi di casa per fare da badante a qualche caro bisognoso di assistenza. E quando non trovi lavoro, o l’hai perso, i tuoi confini non sono più quelli geografici ma vai dove ci sono maggiori opportunità.

Se hai un’impresa che produce beni, per sopravvivere devi cercare nuovi mercati, ovunque essi siano.

In questo scenario, gli americani hanno mandato alla Casa Bianca un uomo dalle posizioni radicali e di rottura verso gli schemi della politica tradizionale. Questo è ancora più evidente se vai ad occupare la poltrona che nei precedenti otto anni era di Barack Obama.

Però tutti avevano immaginato che tra il dire e il fare … ci passasse il senso di responsabilità di quando sei al governo di uno dei Paesi più potenti ed influenti del pianeta. Invece

Appena insediato ha subito dichiarato che gli Stati Uniti non avrebbero più fatto i "poliziotti del mondo" perché prima venivano gli interessi dei cittadini americani.

Giusto per coerenza, appena appreso che Assad aveva usato armi chimiche contro i civili, ha lanciato 59 Tomahawk, solo a titolo dimostrativo. Poi della Siria e di Assad non se n’è più parlato. Ma, come abbiamo detto, la globalizzazione trasforma gli interessi degli altri anche in interessi americani e i conflitti contro gli altri anche in conflitti interni.

Adesso anche i simboli americani dicono no

Non sapremo mai in che misura la vittoria di Trump sia dovuta anche all’influenza di Putin ma è innegabile che, almeno con la Russia, il Presidente americano ha una posizione molto prudente, almeno rispetto al suo predecessore e alle posizioni assunte dai governanti europei. Ma, ad oggi, Putin rimane l’unico interlocutore che non ha ancora messo in discussione le scelte del Presidente americano.

Quello che pochi giorni fa è successo al palazzo dell’ONU, in occasione della 72esima Assemblea generale delle Nazioni Unite, è solo l’ultimo degli esempi di una strategia sbagliata. In un contesto come quello, invece di andare a cercare alleati per rinforzare la sua posizione, si è scontrato frontalmente con il dittatore della Corea del Nord, l'imprevedibile ed esaltato giovane Kim Jong-un, definendolo “rocket man” ovvero l’uomo razzo. Con la promessa di distruggere quel Paese se dovesse continuare a minacciare gli Stati Uniti. E come se non bastasse, è riuscito anche a distruggere un accordo con l’IRAN raggiunto con tanta fatica da Obama. Con il risultato di scatenare la reazione del dittatore Coreano che ha annunciato l’imminente lancio di una bomba idrogeno nel Pacifico e degli ayatollah iraniani che hanno prontamente lanciato un missile Khorramshahr.

Facendo aumentare le tensioni in vari scenari difficili del pianeta.

Ora a dire no sono alcuni degli uomini simbolo degli Stati Uniti, i campioni di basket Stephen Curry della Nba, insieme al collega Kevin Durant dei Golden State Warriors. Dopo una serie di episodi e scambi di battute al vetriolo tra alcuni giocatori e il Presidente, i due campioni hanno anticipato la loro decisione di non partecipare al tradizionale invito alla Casa Bianca dove intervengono i campioni di tutti gli sport. La risposta di Trump non si è fatta attendere: senza giri di parole, ha semplicemente annullato l’evento.