Da una parte l’esigenza di dare al Paese una nuova legge elettorale, dall’altra un voto di fiducia che blinda il Rosatellum 2.0 mortificando il dibattito parlamentare. La prova di forza inferta dal governo e dalla maggioranza è senza dubbio il punto più basso di una delle legislature più controverse della Storia repubblicana. A dispetto dell’obiettivo finale sbandierato, le modalità e le tempistiche utilizzate dai due principali registi dell’ultima manovra di Palazzo (Partito Democratico e Forza Italia) non faranno altro che rinvigorire il sentimento di sdegno che da tempo culla l’animo dell’elettorato italico.

L’aula della Camera semivuota intenta a votare sì al Rosatellum è un’immagine ingloriosa per la nostra democrazia. Un affresco che - è bene sottolinearlo - non divide i vincitori dai vinti, né esonera coloro che hanno scelto la piazza da gravi responsabilità. Se si è giunti a un punto di non ritorno è anche per colpa di un’opposizione incapace di dare il giusto seguito al No al Referendum Costituzionale dello scorso 4 dicembre. Movimento5Stelle e Mdp hanno giocato al nascondino in questi mesi, con il risultato di chiudere ogni spiraglio di trattativa.

Una legge anti M5S?

Dall’Italicum al Mattarellum, dal Tedeschellum al Rosatellum. Non sono giochi di parole ma tutti gli ultimi tentativi naufragati di partorire una legge elettorale condivisa in Parlamento.

Obiettivo fallito anche per l’interesse delle forze politiche che hanno posto via via veti incrociati volti a tutelare il proprio spazio vitale. Il Rosatellum 2.0, oggi oggetto delle mobilitazioni di piazza delle opposizioni, può quindi essere definito il compromesso dei compromessi perché accontenta tutti ad eccezione del M5S.

Un meccanismo che favorisce le coalizioni all’interno dei collegi uninominali, infatti, non poteva che far storcere il naso ai grillini che correranno ancora da soli. Chi non può lamentarsi del nuovo impianto legislativo è invece Mdp: con una soglia di sbarramento crollata al 3 per cento in pochi non avranno la certezza di rientrare in Parlamento al prossimo giro di boa.

Davvero minimo rispetto al precedente Porcellum, invece, sarà il listino bloccato dei nominati con le preferenze che resteranno un’utopia per l’elettorato. Il Rosatellum 2.0, insomma, non è la migliore delle leggi elettorali possibili ma nemmeno uno strumento da regime.

Partita ancora aperta

Il segretario del PD, Matteo Renzi, ha provato senza successo a stemperare i toni da rivolta. Ieri il M5S con Alessandro Di Battista, Luigi Di Maio e Roberto Fico, (tornati gomito a gomito come non li si vedeva da tempo) ha evocato più volte il precedente di Mussolini quando impose il voto di fiducia al Parlamento sulla legge Acerbo. “È una possibilità prevista dalla legge che usò anche De Gasperi (nel 1953 per la cosiddetta Legge Truffa ndr) ma spiegarlo a loro sarebbe complicato perché lo scambierebbero per un dittatore sudamericano - ha replicato Renzi - parlare di Fascistellum è assurdo ed è gravissimo”.

Il capo dei democratici si è poi lasciato andare a un’altra battuta non molto lontano dalla verità: “Il M5S è sceso in piazza per difendere l’Italicum”. La mobilitazione proseguirà anche stasera con la veglia per la democrazia annunciata dal candidato premier Di Maio, che accompagnerà gli ultimi voti di fiducia al Rosatellum. Ci sono i margini per clamorosi sorprese? Niente può essere escluso a priori, in particolar modo quando entrano in gioco i voti dei franchi tiratori del PD nel segreto dell’urna. È a loro che Di Battista si è rivolto stamane in aula: “Tirate fuori l’orgoglio, Renzi non vi ricandiderà perché per lui non siete niente”.