Ci ha pensato Denis Verdini a correre in soccorso del governo per blindare il via libera del Senato al Rosatellum. L’ex braccio destro di Berlusconi si è rivelato, ancora una volta, l’uomo della provvidenza nella strategia disegnata dal segretario del Partito Democratico, Matteo Renzi. La nuova legge elettorale, con la quale gli italiani andranno alle urne, non risolverà in alcun modo i problemi di governabilità già palesati con il Porcellum. Sondaggi alla mano nessuno, nemmeno i favoriti per la vittoria finale Movimento5Stelle e Centrodestra, potrà sperare di raggiungere la quota del 40 per cento necessaria a ottenere la maggioranza dei seggi.

Perché allora si è scelto coscienziosamente di forzare la mano e chiudere ogni spiraglio di dibattito in Parlamento? All’indomani del naufragio dell’Italicum (con il no al Referendum Costituzionale ndr) Renzi, nell’atto di dimettersi, sottolineò come spettasse di lì in avanti all’opposizione l’onere di scrivere una riforma da approvare entro il termine della legislatura. Cosa puntualmente mai avvenuta. È da questo immobilismo che i partiti di maggioranza hanno capito di avere un’occasione tanto unica quanto rara: riscrivere nuove regole utili a cristallizzare l’attuale panorama politico incentrato sulle larghe intese.

Il popolo del Pantheon

Nel nuovo sistema elettorale incentrato sulle coalizioni, il M5S sarà fatalmente svantaggiato.

Grillo e i suoi a questo punto si trovano dinanzi a un bivio cruciale: proseguire sulla strada dell’uno contro tutti, oppure cercare inedite intese in Parlamento per prendersi il governo del Paese. In tal senso qualcosa è emerso nelle due manifestazioni di piazza che hanno accompagnato il walzer delle votazioni del Rosatellum alla Camera e al Senato.

Il popolo Cinquestelle è tornato a far sentire forte il suo disprezzo contro la Casta a braccetto con i simpatizzanti di Mdp e Sinistra Italiana. Se nel Palazzo le distanze appaiono evidenti, sul territorio le convergenze hanno già dimostrato di funzionare. E a Bersani, Speranza, Scotto e Fratoianni allora, che i grillini potrebbero rivolgersi con l’obiettivo di ribaltare il tavolo per sfuggire dal trappolone della nuova legge elettorale.

Un’ipotesi del tutto percorribile, ma che dipende dalla reale volontà del M5S di mettersi alla guida del Paese. D’accordo che il Rosatellum strada la spiana a un Patto del Nazareno 2.0 ma attenzione al colpo di teatro finale. Quale? Un’intesa esterna, per così dire programmatica, tra il M5S e la Lega di Matteo Salvini.

Il cruccio di Renzi

Chi non sembra essere particolarmente preoccupato dalla bagarre parlamentare è Matteo Renzi. Il segretario del PD è impegnato in un tour elettorale che lo sta portando nel cuore di numerose città italiane. L’ok al Rosatellum e le elezioni regionali in Sicilia e nel Lazio, vengono considerate infatti passaggi marginali rispetto all’obiettivo primario di riprendersi Palazzo Chigi.

Renzi però deve fare i conti con un popolo adirato che non gli ha riservato soltanto abbracci e standing ovation. Anzi, dopo l’iniziale divulgazione in pompa magna del suo progetto di riconnessione con il Paese, la macchina organizzativa si è dotata di silenziatore per prevenire disordini e contestazioni. Il segretario dei dem non ha perso comunque tempo sfruttando alcune destinazioni per tessere la sua tela. Ieri, in visita a Paestum, Renzi ha incontrato il governatore della Campania, Vincenzo De Luca. Tra i due sorrisi, abbracci, promesse (un posto in Parlamento per il primogenito Piero De Luca ndr) e qualche battuta. “Ogni volta che veniva a Palazzo Chigi per chiedermi qualcosa mi portava le mozzarelle - ha raccontato Renzi - e quando portava le mozzarelle tremavo”.