Tomaso montanari è un fiume in piena. Intervistato questa mattina da Luca De Carolis per il Fatto Quotidiano, il professore di Storia dell’arte all’Università di Napoli, nonché promotore, insieme ad Anna Falcone, dell’Alleanza popolare per la democrazia e l’uguaglianza, si scaglia con veemenza contro quelli che dovrebbero diventare i suoi alleati nella nuova lista di sinistra fuori dal Pd. Secondo Montanari, il cosiddetto patto del Brancaccio, siglato dai movimenti di sinistra il 18 giugno scorso, sarebbe ormai solo un lontano ricordo. Il professore imputa ai presunti alleati la volontà di imporre scelte decise dall’alto nell’assemblea costitutiva della sinistra, convocata per il 2 dicembre prossimo.

Mdp, Possibile e Sinistra Italiana, questo il suo sospetto, si stanno preparando per spartirsi le poltrone della nuova forza politica ancora in fieri. Per questo motivo annuncia di aver deciso di annullare, in accordo con la Falcone, l’assemblea dei suoi comitati già fissata per il 18 novembre a Roma.

Montanari contro la ‘spartizione di posti’ a sinistra

Anche se ammette di sperare ancora in un “ripensamento” da parte delle altre forze politiche di sinistra, si intuisce chiaramente che Tomaso Montanari non ha più fiducia nel progetto nato al teatro Brancaccio di Roma il 18 giugno scorso che considera per il momento interrotto. La colpa sarebbe da addebitarsi ai tre leader di Mdp, Possibile e Si, ovvero Roberto Speranza, Pippo Civati e Nicola Fratoianni i quali, con la decisione di convocare l’assemblea fondativa della nuova sinistra il prossimo 2 dicembre senza coinvolgere il suo movimento nell’organizzazione, si starebbero preparando ad una “spartizione di posti tra partiti”.

Una accusa infamante che, però, assicura Montanari, non indurrà quelli del Brancaccio a dare vita a “liste civiche autonome”.

Contro D’Alema, Bersani

Le accuse mosse ai presunti alleati a sinistra sono ferme e circostanziate. Montanari e Falcone, infatti, assicurano di non voler rinunciare all’apporto dei partiti che, però, dovevano venire inclusi “in un progetto su base civica”.

Le richieste di quelli del Brancaccio erano di “far scegliere candidatura e leader alle assemblee” di cittadini-elettori. Pronta anche una serie di condizioni: 50% di neofiti del parlamento, 50% di donne nelle liste della nuova sinistra e niente candidatura per “chiunque avesse avuto incarichi di governo”. In quest’ultimo caso i destinatari del messaggio sono Pier Luigi Bersani e Massimo D’Alema i quali, secondo Montanari, dovrebbero continuare a “fare politica anche senza candidarsi”, come lui stesso ha deciso di fare.

Contro Grasso

Insomma, questo il succo del pensiero di Montanari, “noi volevamo un progetto che partisse dal basso e invece i partiti hanno calato un leader dall’alto”. Riferimento diretto all’investitura del presidente del Senato Pietro Grasso. Secondo il professore non è vero che il nome noto del leader conta. Bisognerebbe, invece, “cambiare elettorato di riferimento” perché, affonda il colpo, “i miei studenti D’Alema non lo voterebbero mai”. Quello che Montanari cerca di spiegare è che non serve dare vita ad un “Pd bonsai” e, invece, gli esponenti della cosiddetta sinistra vorrebbero ricostituire una sorta di “lista arcobaleno” che si è già dimostrata fallimentare in Sicilia con il misero 6% ottenuto dal candidato governatore Claudio Fava. Stoccata finale ancora contro i ‘professionisti della politica di Mdp-Possibile-SI che, accusa Montanari, “ci hanno trattato come dilettanti incapaci”.