Il fenomeno del Russiagate, nato inizialmente come una serie di ipotesi e supposizioni legate al ruolo svolto da Putin nelle elezioni presidenziali statunitensi sta ora diventando, almeno sembra, un vero e proprio problema per il Presidente degli Stati Uniti. Le recenti questioni hanno messo a disagio Donald Trump e l'opinione pubblica degli USA appare sempre più esterrefatta dai nuovi particolari emersi ma, soprattutto, dal modo in cui il Presidente sta tentando di gestire l'intero problema.

La nascita del Russiagate

L'imprevisto successo di Donald Trump alle elezioni presidenziali è stato accompagnato, sin da subito, dalle accuse di favoreggiamento ed aiuto da parte della Russia ed in particolar modo dal Presidente Vladimir Putin per riuscire a battere l'apparente favorita Hillary Clinton.

Ma il primo segnale del cosiddetto fenomeno Russiagate è emerso sin dal marzo 2016 quando l'attuale presidente ha nominato capo della campagna elettorale Paul Manafort il quale, proprio nell'agosto dello stesso anno, dopo essere stato accusato di aver ricevuto finanziamenti da parte della Russia, è stato costretto a rassegnare immediatamente le proprie dimissioni dall'incarico. Da questo preciso istante è nato il sospetto dell'esistenza di un piano di Putin, ben preciso e delineato, volto a favorire spudoratamente la vittoria di Trump alle elezioni. Basti considerare, poi, che lo stesso Presidente russo non ha mai simpatizzato per la Clinton e per l'amministrazione Obama.

Il ritorno del Russiagate alla Casa Bianca

Nel frattempo Donald Trump, impegnato nei giorni scorsi a litigare attraverso Twitter con il dittatore nordcoreano per il "pulsante nucleare", ha visto, nella giornata di ieri, ri-emergere il fenomeno del Russiagate alla Casa Bianca, insabbiato da diverso tempo dalla stessa amministrazione americana.

L'ex consigliere di Trump, Steve Bannon ha descritto, in un libro che è stato pubblicato ieri, "Fire and Fury", un fantomatico incontro che si sarebbe verificato presso la Trump Tower tra il figlio del Presidente ed un avvocato russo per definire ed ultimare le strategie anti-Clinton prima delle elezioni presidenziali. Ma Bannon ha parlato anche, pur scontrandosi con lo stesso autore del libro, Michel Wolff, di discussioni anti-patriottiche e di incontri sovversivi avvenuti sempre tra il figlio del tycoon ed alcuni emissari russi.

La risposta di Donald Trump non ha tardato ad arrivare ed è giunta aggressiva e puntuale: il Presidente ha dichiarato infatti, che Steve Bannon ha completamente perso il lume della ragione ed in ogni caso non ha nulla a che fare con lui e con la sua amministrazione. Non ha, infatti, solo perso il lavoro, ha continuato Trump, ma anche la testa. Steve Bannon, licenziato per aver gestito in modo pessimo la questione delle violenze di Chalottesville ha lavorato con lo staff della presidenza dopo che l'attuale presidente aveva già vinto la nomination repubblicana alle presidenziali del 2016. Ma non è tutto. Nel libro sono presenti altri personaggi interessanti: il genero di Donald Trump, Jared Kushner, marito di Ivanka e Paul Manafort, il capo della campagna elettorale.

Il vero nodo della vicenda, però, è il rapporto tra il Presidente degli Stati Uniti e Vladimir Putin: il Congresso Usa sembra, infatti, non aver ben digerito il radicale spostamento di Trump verso il Cremlino anche se, questa nuova strategia americana, potrebbe aiutare a risolvere varie problematiche internazionali.