Roma e la mala amministrazione. Mafia Capitale e corruzione, mazzette e tangenti. L'orologio e il calendario sembrano essere stati riportati agli scandali dei primi anni 80, quelli che hanno stabilito la vera definizione di "Repubblica delle Banane".

La fiducia nelle istituzioni da parte dei cittadini è ai minimi storici e gli episodi continui di mala amministrazione continuano a far incrementare esponenzialmente questa sfiducia, appesantendo un clima già poco respirabile di suo.

Lo scorie di Mafia Capitale

Continuano i problemi relativi allo scandalo Mafia Capitale. Il 2 dicembre 2014 il castello di carte costruito nel 2000, che comprendeva una vera e propria associazione di stampo mafioso che gestiva in toto la Capitale, è stato spazzato via da una ventata di giustizia.

Ma non è tutto oro ciò che luccica.

La Capitale si porta dietro le scorie di quel 2 dicembre, con tante situazioni ancora non risolte. Appalti, tangenti e turbative d'asta, che sembrano fenomeni infiniti, difficili da debellare. Senza dimenticare i vigili urbani assenteisti e la gestionescellerata di uffici pubblici, che di certo contribuisce alle frizioni nel rapporto cittadino-istituzioni.

Lo scandalo Affittopoli

Ma la mala gestione comprende anche lo scandalo Affittopoli che continua a tener banco nella Capitale. Lo scandalo è iniziato circa due anni fa, quando svariate sedi di partiti politici e attività commerciali beneficiavano di un canone d'affitto inferiore rispetto ai prezzi del mercato.

Ma il secondo filone di inchieste avviate dal prefetto Tronca ha sollevatoil tappeto e tutta la polvere che c'era sotto. Case affittate a canoni bassissimi, ovviamente di proprietà del Comune di Roma. Con diritto di utilizzo di 99 anni circa, più o meno due generazioni. E probabilmente la mala amministrazione e Affittopoli sono strettamente correlate con i casi di corruzione che turbano appalti e progetti, che tecnicamente dovrebbero essere esenti da questi giochi di potere.

A pochi giorni dalle elezioni amministrative, il Primo Cittadino che raccoglierà l'eredità lasciata da Marino e dalle passate amministrazioni, dovrà fare i conti con tante situazioni irrisolte. E opache.

LIBERARE ROMA DAL FANGO DELLA CORRUZIONE

Roma deve liberarsi del fango della corruzione e dell’illegalità, che ne ha offuscato e sporcato l’immagine. È necessaria una rivoluzione etica, morale e civica che parta dalla politica e coinvolga amministrazione e cittadini romani. Per questo abbiamo chiesto consigli al presidente dell'Anticorruzione Raffaele Cantone sulla composizione delle nostre liste, per questo intendiamo organizzare un corso per tutti i nostri candidati su come si riconosce e combatte la corruzione, invitando i funzionari dell’Anac a partecipare. Il malaffare ha prosperato per troppo tempo grazie a procedure opache, all’emergenza istituzionalizzata, a gare mai bandite, ad affidamenti diretti ingiustificati, alle proroghe infinite. Tutto questo sarà spazzato via dall’applicazione di regole per appalti trasparenti, tempi certi e pagamenti puntuali, valutando la prestazione dei dirigenti comunali soprattutto su questi parametri, premiando adeguatamente il merito e ma punendo severamente l’incapacità, l’inefficienza o, peggio, l'illegalità. Bisogna premiare l’efficienza facendo capire che il rispetto delle regole è un beneficio per tutti. I dipendenti pubblici hanno già l’obbligo di legge di denunciare chi commette reati corruttivi ma noi vogliamo incentivare anche il cittadino comune a farlo. Con il presidente dell'Anticorruzione Raffaele Cantone ho parlato di come rendere operativa un’idea che ho da tempo: premiare chi dovesse denunciare episodi o atti di corruzione. Il presidente Cantone mi ha detto che ci sono amministrazioni nelle quali imprese che hanno denunciato un funzionario corrotto, a sentenza definitiva, sono state inserite in un albo cui il Comune attinge per gli affidamenti diretti. Significa fare una rivoluzione culturale che a Roma può farci risparmiare più di 1 milione di euro l'anno, ovvero il costo della corruzione che sopportano i cittadini romani secondo la Corte dei Conti.