Una vera e propria rivoluzione commerciale che sta portando sempre più in basso il nostro tanto caro ‘Made in Italy’. È la situazione che si vive a Roma da (almeno) cinque anni a questa parte, con i negozi cinesi che hanno letteralmente invaso il centro storico (ma anche le periferie della Capitale), abusando della potenza commerciale del brand ‘Made in Italy’, ormai sempre più bistrattato a causa della realizzazione di prodotti (quasi sempre) scadenti e tesi a rovinare la reputazione della manodopera nostrana.

Roma, presenza crescente dei negozi cinesi

Stando ad un recente studio della Cna (Confederazione nazionale artiginato e piccola e media impresa) di Roma il 25% dei piccoli esercizi commerciali è gestito, nella Capitale, dagli stranieri. Nel quartiere dell'Esquilino, addirittura, due attività su tre sono in mano ai cinesi, i quali - in qualche caso - cedono la gestione dei loro affari ai bengalesi, aprendosi - di fatto - nuove attività (magari nel centro storico). Non mancano, sul web, i siti che propongono di fare da mediatori tra italiani e cinesi, al fine di far rilevare a questi ultimi le attività dei primi. Come è successo allo storico negozio di elettrodomestici Di Salvo-Della Martira, da oltre 50 anni nei pressi di via Cola di Rienzo, costretto a chiudere e a vendere il locale commerciale nel quale prenderà vita, nel futuro prossimo, una nuova attività cinese.

Roma, la diversificazione del business dei cinesi

Soprattutto a partire dal 2011, anno in cui si viveva la crisi a 360 gradi, si è verificato il boom dei cinesi a Roma, con la lenta, ma inesorabile conquista di molte tra le principali attività italiane. La miriade di ristoranti cinesi presenti in tutti i quartieri di Roma sono stati affiancati, gradualmente, dall’apertura di nuove attività, diversificando – così – il business degli orientali.

Nel centro storico della Capitale, laddove erano presenti (fino a poco tempo fa) negozi di tintoria, artigianato e panetterie, oggi si possono trovare, invece, solo negozietti ammassati di souvenir, presenti in massa in ogni angolo della ‘Città Eterna’. Il giro turistico tra le chincaglierie ed i souvenir inizia in via della Panetteria (nei pressi della Fontana di Trevi), dove in meno di 200 metri è possibile trovare cinque negozi di souvenir.

Basta svoltare a destra, in via del Lavatore, per scorgere – addirittura – altri otto esercizi commerciali (cinesi e bangladesh), mentre tra Largo del Nazzareno e via di Propaganda sono più di cinque i negozi cinesi. A conti fatti, quasi una vetrina su due propone la vendita di articoli da souvenir. L'associazione dei commercianti di Roma ha lanciato l'allarme, ormai, da diverso tempo

Roma, il caso Pompi e la forza di non voler cedere

Risale all’ottobre 2014 la notizia, riportata dalla maggior parte dei media nazionali, della presunta cessione dell’attività, ad una corporate cinese, del ‘Re del Tiramisù’ di Roma, Pompi. In seguito all’inerzia del IX Municipio, infatti, il signor Roberto Pompi annunciò – a mò di sfogo avverso le istituzioni locali – la chiusura della sua storica e longeva attività.

Tuttavia, per la gioia di moltissimi romani, oggi la sede principale di Pompi, in via Albalonga, continua a produrre tantissimi tiramisù e si trova con un bilancio florido da due anni a questa parte: “Il mio voleva essere uno sfogo contro l’inerzia del Municipio di riferimento e contro i romani, immobili davanti alla svendita della loro città. Noi, a differenza di altri, abbiamo tenuto duro e siamo riusciti a riaffermarci. In una strada storica come via del Lavatoio, oggi, non ci sono più negozi italiani. Non si tratta di voler male agli altri. Si tratta, piuttosto, di voler bene a sé stessi ed alla propria città” ha dichiarato il signor Pompi a BlastingNews, chiarendo – una volta per tutte – la questione riguardo la sua attività.

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TUTELARE E VALORIZZARE LE BOTTEGHE STORICHE

Una delle peculiarità di Roma, soprattutto dei rioni storici, sono le botteghe artigiane ed il piccolo commercio. Purtroppo però molte di queste realtà, anche a causa della crisi economica, stanno chiudendo e al loro posto, soprattutto in zone come l'Esquilino, proliferano i negozi cinesi. Certamente non vogliamo limitare il libero mercato ma siamo convinti che le botteghe storiche vadano valorizzate e difese. Non tollereremo alcun abusivismo commerciale e neanche quei negozi che aprono e chiudono i battenti nel giro di pochissimo tempo. Pensiamo, magari, di creare un albo dedicato ai mestieri e alle botteghe storiche così da ridare la giusta importanza ad alcune tra le più importanti tradizioni romane.