Le torri di Libeskind a Tor di Valle resteranno scolpite nella nostra memoria, come un’occasione mancata per Roma e il suo paesaggio architettonico. Piaccia o non piaccia, Daniel Libeskind è oggi uno dei maggiori architetti del mondo. Le sue creazioni, dislocate in varie città, godono di una vasta bibliografia e sono meta di interesse turistico. La cancellazione delle torri dal progetto del nuovo stadio della A.S. Roma equivale alla loro virtuale demolizione. Rimarranno come reperti di un'ipotetica archeologia del futuro, monumenti “assenti” sacrificati sull’altare di un’ideologia.

Fantasie architettoniche ormai solo di carta, una versione reloaded dei “Capricci” del Piranesi, il quale, forse non a caso, è stato il principale ispiratore di Libeskind in questo progetto.

Stadio della Roma: poco coraggio

Se non si è stati capaci o è mancato il coraggio di valorizzare il futuro, si faccia attenzione anche a non sbagliare valutazione sul recente passato. Come è noto, l’area su cui dovrebbe sorgere il nuovo stadio è attualmente occupata dall’impianto sportivo dell’Ippodromo. Il dibattito di questi giorni riguarda l’apposizione o meno di un vincolo di tutela sulla tribuna di questo impianto. Se dare, quindi, seguito al procedimento avviato qualche mese fa dall’ex soprintendente all'Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Roma Margherita Eichberg, o se stopparlo del tutto, con il conseguente ok alla sua demolizione, come sembra sia l’intendimento odierno di Francesco Prosperetti, nuovo responsabile dell’organo del MIBACT.

Bel dilemma. Demolire vorrebbe dire rinunciare per sempre alla tribuna di Julio Lafuente, aggiungendo alla beffa della mancata costruzione delle torri di Libeskind, anche il danno della definitiva cancellazione di un’opera architettonica di un certo interesse. Conservarla così com’è, senza l’accompagnamento di un’adeguata opera di valorizzazione, servirebbe però a ben poco.

Neanche un restauro ben fatto e la messa in sicurezza della stessa potrebbero salvarla dal degrado e dall’ indifferenza generale. Ben pochi avrebbero interesse a visitarla e a studiarla.

La tribuna dell'ippodromo fra demolizione e indifferenza

Resterebbe una cattedrale nel deserto, simbolo a futura memoria dell’immobilismo italiano, causato da una burocrazia tendente all’autolesionismo.

Considerando pure che tale opzione metterebbe in grave difficoltà l’attuazione di tutto il progetto del nuovo stadio, decretandone, molto probabilmente, la fine. Attuando, invece, un preciso percorso di valorizzazione, la musica potrebbe cambiare. Come? Un’idea potrebbe essere quella di prescrivere lo spostamento (con relativo restauro e messa in sicurezza) della tribuna dell’Ippodromo presso un’area, sempre nell’ambito di Tor di Valle, più prossima al fiume, presumibilmente all’interno del nascente parco fluviale. Un’operazione che, oltre alla tutela e salvaguardia del bene, avrebbe il vantaggio di creare un dialogo visivo a distanza tra la tribuna e un’altra significativa opera dello stesso architetto, posta sull'altra sponda del fiume, il Palazzo Esso a Muratella, dalla caratterista facciata a ventaglio.

A poca distanza, sempre al di là del Tevere, Lafuente ha firmato anche l’adattamento moderno del seicentesco edificio dell’Ospedale del Sovrano Ordine di Malta. Il ponte ciclopedonale, opera pubblica prevista tra Magliana e Tor di Valle nell’ambito della realizzazione dello stadio, permetterebbe un facile e rapido attraversamento tra le sponde del fiume, stimolando la creazione di una sorta di itinerario architettonico contemporaneo ispirato dalle opere di Lafuente, che incontrerebbe sul proprio percorso anche lo stadio di Dan Meis e il parco di Andreas Kipar. Itinerario che può trovare ulteriori approdi verso un’altra opera importante di Lafuente, l’Air Terminal Ostiense, sede attuale di Eataly, raggiungibile in pochi minuti da Tor di Valle, con la ferrovia Roma-Lido.

Oppure, virando verso il vicino Eur, dove il visitatore interessato allo sviluppo architettonico contemporaneo di Roma, può trovare diverse proposte, dalla Torre Eurosky di Purini alle Torri Ligini (sperando che il loro ripristino si sblocchi al più presto), dalla Nuvola di Fuksas al Palazzetto dello Sport di Piacentini e Nervi, fino all’intero complesso urbanistico del quartiere. Non sarebbe anche questo interesse pubblico?