“Falcone non è un eroe, ma un uomo comune che con le sue idee è riuscito a cambiare il paese”. Inizia con queste parole la presentazione del libro “Giovanni Falcone. Le idee restano” scritto da Monica Mondo, giornalista, e Maria Falcone, sorella del magistrato, e svoltasi ieri sera presso l'Istituto Luigi Sturzo di Roma.

Giuseppe Ayala ricorda Falcone

Giovanni Falcone ha lasciato un ricordo indelebile nella mente di chi lo ha conosciuto. Fra i presenti all'incontro anche Ayala, politico e magistrato, il quale lo ha definito come “una svolta” nella sua vita: “Giovanni era una persona seria, non seriosa, ed è stato l’uomo più importante della mia vita”.

Inizia con queste parole affettuose il ricordo che il politico dedica al collega con cui ha condiviso la passione per la magistratura.

“Dopo aver vinto il concorso in magistratura, ho iniziato come pretore in una cittadina in provincia di Palermo. Nel settembre dell’81, però, chiesi il trasferimento alla procura di Palermo e fu proprio lì, in un bar, che incontrai Giovanni. La nostra conoscenza iniziò in realtà fuori dal contesto lavorativo, in occasione di una cena con amici e colleghi. Durante quella cena mi invitò a recarmi nel suo studio il giorno seguente, quando mi svelò del file rouge tra i delitti di mafia (realizzazione criminale di una logica associativa)”.

Segno che il legame tra Falcone ad Ayala era più di un semplice rapporto lavorativo è quella che quest’ultimo definisce “seconda intuizione, la quale arriva quando facevo il Pubblico Ministero.

Falcone mi propose un accordo tra il suo e il mio ufficio, in quanto soltanto il Pubblico Ministero incarnava la continuità verso l’obiettivo del giudice istruttore. Decise di fidarsi di me e fu in quel frangente che capii che avrebbe ricoperto un ruolo fondamentale nella mia vita”.

Giovanni è stato prima che un collega, un amico.

Facendo un excursus temporale nei suoi ricordi, il politico cita un altro momento in cui la presenza di Falcone è stata determinante: il suo ingresso in Parlamento. “Ricordo che avevo un appuntamento con l’onorevole La Malfa e Giovanni decise di accompagnarmi. Ero titubante sulla mia candidatura, ma ancora una volta mi venne in aiuto dicendomi di accettare la scommessa.

Tornai dall’onorevole La Malfa e gli dissi che mi sarei candidato”.

Sono passati 25 anni dalla scomparsa di Falcone e la sua assenza si fa sentire ancora oggi. Commosso, Ayala afferma: “Giovanni mi manca e continua a mancarmi, ma lo ricordo nel modo in cui lui avrebbe voluto: con ironia”.

Maria Falcone e “la vita vissuta con Giovanni”

Gli anni con Giovanni sono stati anni intensi. Falcone fu “un uomo lasciato solo dalle istituzioni e attaccato dalla stampa- ha ricordato la giornalista Mondo”. Una solitudine colmata, in parte, da familiari e amici, i quali gli sono sempre stati accanto anche, e soprattutto, nei momenti più difficili.

“Quando muore Giovanni, accanto al grande dolore di una sorella c’era anche lo scontento e la disperazione della cittadina italiana- afferma Maria Falcone.

Come sorella non piangevo per il grande amore che gli avevo portato in vita o per ciò che avevo condiviso con lui. Ho vissuto anni di paura, dopo le confessioni di Buscetta e l’inizio del maxi processo, ma mai gliel’ho fatto pesare”.

Un dolore che si è acuito dopo la morte di Paolo Borsellino il quale dopo la morte di Giovanni mi disse "non ti preoccupare continuerò a portare avanti io le battaglie iniziate da Giovanni”. La morte di Borsellino infligge ulteriore dolore ad una ferita ancora aperta. “Mi chiesi se tutto fosse finito- continua la sorella del magistrato- e cosa avrei potuto fare. Mi venne in mente la frase di Giovanni le idee restano; quelle idee che temevo finissero, dovevano restare ed io avrei dovuto fare qualcosa”.

Dopo le minacce di Buscetta e l’assegnazione della scorta, Giovanni sapeva che qualcosa sarebbe cambiato. “Alle minacce di Buscetta, il quale lo aveva avvertito che il suo conto con la mafia si sarebbe chiuso soltanto con la sua morte, Falcone rispose di non preoccuparsi, e che dopo di lui altri magistrati avrebbero continuato il suo lavoro. Così è stato- ha affermato Maria.

Anche se il maxi processo ha segnato la sua condanna a morte, Giovanni ha portato avanti le sue idee fino alla fine, onorando la sua frase testamento: "gli uomini passano, le idee restano. Ognuno di noi deve fare la sua parte, piccola o grande che sia”. La mafia "è un fatto culturale prima che ancora giudiziario e, per poter essere battuta, è necessaria la rivoluzione della società e dei suoi comportamenti. La mafia potrà infatti essere sconfitta soltanto quando cultura giovanile e società cambieranno”.