Nel 1976, in un'intervista a Fortune, il Ceo dell'industria farmaceutica Merck Sharp and Dohme affermava che il suo sogno era ''fare farmaci per le persone sane''. Ebbene, un recente studio condotto dall'esperto di comunicazione sanitaria Gianfranco Domenighetti, professore ordinario presso l'Università della Svizzera Italiana di Lugano e presso quella di Losanna, consente di aprire gli occhi su come gli attori principali del sistema sanitario, ovvero le multinazionali farmaceutiche, sono in grado di decidere se abbiamo bisogno di cure oppure no.

Domenighetti cita una ricerca della rivista indipendente Prescrire, secondo la quale, sui 3335 nuovi farmaci messi sul mercato francese dal 1981 al 2005, solo 7 (0,21%) hanno rappresentato un progresso terapeutico ''maggiore'' e 78 un progresso ''importante'' ma limitato, mentre gli altri erano inutili o, in alcuni casi, perfino dannosi. Il docente svizzero individua tre cause principali per spiegare questa ''costruzione artificiale'' delle malattie.

Innanzitutto, il frequente abbassamento delle soglie che definiscono il carattere patologico di alcuni fattori di rischio come ipertensione, ipercolesterolemia e diabete; ne deriva che milioni di persone possono diventare ''ammalati'' da un giorno all'altro.

Tuttavia, le commissioni che decidono tali parametri sono spesso colluse con i giganti dell'industria farmaceutica mondiale: un articolo apparso nel 2007 sulla nota rivista scientifica Lancet denunciava come, tra i 9 membri che avevano abbassato le soglie per l'ipercolesterolemia (facendo diventare ''ammalati'' 23 milioni di americani in più), solo uno di essi non aveva rapporti con le multinazionali del settore; nel 2006 il New York Times rivelava che gli esperti che avevano rivisto le soglie dell'ipertensione erano stati finanziati per 700mila $ da tre società produttrici di anti-ipertensivi.

In secundis, l'eccessiva importanza attribuita alla diagnosi precoce per prevenire le malattie. Domenighetti riferisce di un sondaggio condotto in Italia da un'equipe svizzera sul tema, dal quale risultava che l'80% della popolazione era convinta che fare esami in anticipo fosse sempre utile, chiosando come la mancanza di un'informazione obiettiva inganni regolarmente i pazienti.

Per esempio, Domenighetti cita un'ulteriore sondaggio dal quale emerge che l'80% delle donne italiane crede che sottoporsi alla mammografia riduca o eviti il rischio di contrarre il tumore al seno. In realtà, come dimostra un'indagine sulla prevenzione per il tumore al polmone pubblicata su Jama nel 2007, il tasso di mortalità di chi sottopone a tac o screening è praticamente uguale a quello di chi non si sottopone ad esami del genere.

Infine, conclude Domenighetti, il fatto di classificare come ''malattie'' disturbi del semplice processo biologico della vita umana. Nel 2002, la celebre rivista medica British Medical Journal ha pubblicato la Classificazione Internazionale delle Non-Malattie, che dimostra come oltre 200 condizioni umane siano reputate a torto delle ''malattie'' (osteoporosi, stress...).

Anche qui, però, i conflitti di interesse sono molto spinti, dato che nel 2006 l'Università del Massachusetts riportava che il gruppo di psichiatri che doveva aggiornare il Dsm-IV era stato foraggiato dall'industria farmaceutica, attratta dalla possibilità di nuovi guadagni su malattie inventate.