Sofia De Barros, la piccola diventata famosa per la malattia di cui soffre grazie ai social, il cui nome viene affiancato spesso al caso Stamina perché affetta da una malattia degenerativa in passato curata con il metodo Stamina, si trova all'ospedale pediatrico Meyer di Firenze in situazioni complesse.

Della sua agonia ecco cosa scrive la mamma Caterina Ceccuti: "dilaniata dal dolore è ricoverata in ospedale. Le dosi dei farmaci sono state aumentate ancora senza ottenere effetto lenitivo" la donna tra l'altro non smette di chiedere per la sua piccola l'uso del metodo Stamina tanto discusso, scrive difatti a riguardo: "Pretendiamo che la democrazia in cui viviamo si assuma la responsabilità delle proprie leggi e le faccia rispettare", riferendosi all'applicazione della legge 57 approvata nel maggio 2013 in Parlamento e tuttora vigente sulle cure compassionevoli.

Sofia non riceve più la cura delle cellule staminali, a causa della condanna e del diniego della validità del metodo Vannoni; a dicembre si era decisa un'altra iniezione a febbraio, ma non le è mai stata somministrata.

La malattia continua il suo corso e la sta aggredendo con la stessa forza con cui i suoi gentiori lottano per assicurarle una speranza di vita, con l'uso delle cellule staminali. La battaglia legale intrapresa dai genitori per ricevere le cure richieste non ha ancora prodotto risultati, la piccola ed altri pazienti attendono perché sono stati sospesi i trattamenti agli Spedali Civili di Brescia.

Intanto i malati continuano a soffrire e a sperare che i ricorsi abbiano riscontro, ma le malattie di cui soffrono, nel frattempo, non si arrestano e il dolore che provano loro e i loro parenti non si placa.

Il dubbio sul blocco delle cure staminali viene spontaneo, seppur vero che non vanno somministrate cure non certe ci si chiede anche perché in presenza di casi come questi non si proceda diversamente?

Non essendoci certezze e non essendo medici e scienziati non ci si deve che affidare agli esperti, anche se il dubbio resta e ci si chiede, in questi casi disperati e per i malati terminali perché non provare?