Alla vigilia della missione in Iraq annunciata da "Il Foglio" secondo cui 30 incursori italiani sarebbero in partenza contro l'Isis, arriva ieri 30 giugno dall'Ansa la conferma dell'approvazione all'unanimità da parte dell'aula della camera di istituire un'apposita commissione di inchiesta sulla cosiddetta "sindrome dei Balcani", cioè sui casi di morte o malattie come leucemie e tumori che hanno negli anni colpito i militari italiani in missioni all'estero. La proposta era partita da un appello congiunto M5S-Sel. La proposta ha raccolto l'adesione totale di 405 votanti presenti in aula.

La quarta commissione di inchiesta, forse la svolta

Il movimento 5 stelle ha dichiarato, riporta Rainews: "vogliamo che questa commissione di inchiesta parlamentare, la quarta che si occupa di uranio impoverito, sia quella che renda definitiva giustizia ai nostri militari morti, che si sono ammalati gravemente, e alle loro famiglie. Ci aspettiamo la massima collaborazione, da parte di tutti. In caso contrario, denunceremo ostruzionismi sia in sede istituzionale che in pubblico". La commissione si è data come tempo per le necessarie indagini i prossimi due anni, nei quali si cercheranno risposte alle morti e alle gravi malattie contratte dai militari, ma anche dai civili, impegnati a vario titolo nelle missioni estere, nelle basi, nei poligoni di tiro dove si usano proiettili all'uranio impoverito e nei depositi che contengono le munizioni.

I numeri parlano chiaro, 3.600 malati e 318 morti

Le cifre comunicate dal movimento 5 stelle e riprese dall'osservatorio militare parlano chiaro e fanno impressione. "Sono oltre 3.600 i nostri militari che si sono ammalati dopo aver operato in missioni nei Balcani, in Iraq, e in Afghanistan e, di questi, 318 sono morti.

A questi cittadini italiani, che hanno servito il Paese, dobbiamo verità e vicinanza da parte delle Stato. Un dovere che spetta in primis alle nostre Forze Armate: proprio il rispetto verso la Patria che servono e difendono non può andare di pari passo con il trincerarsi ulteriormente dietro alle gerarchie".

Il presidente Mattarella di nuovo al centro dell'attenzione per quelle dichiarazioni sull'uranio impoverito

Cosa c'entra il presidente della Repubblica con le inchieste sull'uranio impoverito? C'entrerebbe eccome, almeno secondo quanto riportato tempo fa e precisamente nel gennaio scorso da "Il Fatto Quotidiano". Nell'articolo a firma di Enrico Piovesana infatti si diceva chiaramente che nel 2000-2001 l'attuale presidente della Repubblica ma allora ministro della difesa, negasse ogni possibile relazione tra le missioni nei Balcani e i casi di morte e malattie dei nostri soldati. Tuttavia, sempre secondo Piovesana, in un'audizione alla commissione difesa della camera proprio sulle conseguenze dell'uso in Kosovo "di munizioni all'uranio impoverito", Mattarella diceva: "sono in grado di comunicare alla Camera, tramite questa Commissione, che è pervenuta oggi la risposta da parte dell'Alleanza atlantica.

in tre tornate, rispettivamente il 5 agosto 1994, il 22 settembre 1994 e nel periodo fra il 29 agosto e il 14 settembre 1995, nelle operazioni effettuate dagli aerei A-10 sono stati utilizzati in attacchi alle forze serbo-bosniache circa 10.800 proiettili all'uranio impoverito, a tutela della zona di esclusione attorno a Sarajevo stabilita dall'Onu, in un raggio di 20 chilometri dalla città". E continuava dicendo: "ad oggi sono stati segnalati 30 casi; di questi, tuttavia, 21 sono quelli relativi a militari che hanno prestato effettivo servizio in Bosnia o in Kosovo, 7 di questi 21 riguardano persone decedute. Tra questi 21 casi si registra una netta prevalenza numerica di personale che ha operato in Bosnia". Nel 2000 quindi Mattarella chiedeva già una commissione. Che sia questa la volta buona.