Molto spesso siamo portati a credere che gli alimenti presenti sulle nostre tavole siano perfettamente salubri e sicuri. Anche se questo non è errato, è bene precisare che esistono delle eccezioni. Basti pensare alle recenti dichiarazioni dell'OMS relative agli effetti delconsumo eccessivo di carne nella dieta. Le contaminazioni chimiche e batteriche possono verificarsi in qualunque fase della filiera agroalimentare. Ad esempio, il latte risulta spesso contaminato da aflatossine, prodotte da quattro specie di muffe denominateAspergillus flavus, A.nomius, A.parasiticus e A.pseudotamaraii.

Essesi sviluppano su cereali e frutta conservati in condizioni scorrette di elevata umidità e temperatura.

Gli alimenti destinati al bestiame spesso contengono queste muffe e le relative differenti tossine, ovvero aflatossina B1, B2, G1 e G2. Esse, una volta ingerite, vengono convertite nel fegato in aflatossina M1 ed M2.L'aflatossina M2, generalmente, viene espulsa con le urine, poiché è più solubile in acqua, mentre l'aflatossina M1 si diffonde facilmente nel latte mammario. È dimostrato che la presenza di 300 milligrammi di aflatossine in 1000 tonnellate di alimento bovino portino alla produzione di latte contaminato da 3 nanogrammi di aflatossina M1 per millilitro di latte. I normali processi industriali di pastorizzazione e sterilizzazione non distruggono la molecola, pertanto la si ritrova inalterata nelle confezioni di latte sugli scaffali del supermercato.

Le aflatossine del latte non sono tossiche

Questo potrebbe sembrare un dato allarmante, ma c'è da tener presente che l'aflatossina M1 è notevolmente meno tossica delle forme non convertite (B1, B2, G1 e G2). L'IARC (International Agency for Research on Cancer) ha invece classificato l'aflatossina B1 come l'epatocancerogeno e mutageno più potente in natura, mentre la forma convertita è esente da tossicità nell'uomo.

Quindi possiamo stare tranquilli almeno per quanto riguarda il latte, ma meno per i cereali e la frutta su cui la muffa prolifera più facilmente.

In Africa e in Asia spesso non si riesce a garantire conservazione ottimale degli alimenti

Il dato è inquietante, in quanto studi epidemiologici hanno confermato che le popolazioni africane e asiatiche che consumano cereali e frutta contaminate da aflatossine, presentano un costante incremento di casi di cancro, soprattutto nei soggetti di età compresa tra 30 e 35 anni.

L'organismo umano, contrariamente a quello dei ruminanti, non possiede enzimi in grado di degradare l'aflatossina. Pertanto, il consumo prolungato di alimenti contaminati incrementa notevolmente il rischio di contrarre neoplasie epatiche. La FAO (Food and Agriculture Organization) ha fissato alcuni limiti di tollerabilità relativi alla presenza di tossine negli alimenti.+

In generale, la somma di tutte le aflatossine (B1, B2, G1, G2, M1 ed M2) non deve superare i 10 nanogrammi per grammo di alimento. Anche se i limiti restrittivi vengono rispettati nei paesi sviluppati o in via di sviluppo, non si può dire lo stesso per le popolazioni del Terzo Mondo che tuttora soffrono la fame e sono vittime delle più svariate malattiecome la malaria. Inoltre, i dati relativi alla maggiore incidenza del cancro al fegato comportano l'incremento delle spese sanitarie in paesi già tristemente tartassati dal debito pubblico e dalla miseria.