Scoperto il meccanismo biologico coinvolto nella crescita osseanel periodo neonatale e fondamentale per il funzionamento di molti dei tessuti dell’organismo. Si chiama autofagia e la sua scoperta si deve ad un gruppo di ricercatori dell’Istituto Telethon di Genetica e Medicina, coordinati dal professor Carmine Settembre. Nello specifico, l’autofagia regola la degradazione di alcune componenti cellulari e ne previene un accumulo eccessivo. Inoltre, produce l’energia necessaria per contrastare situazioni di stress a livello cellulare.

Lo studio

La ricerca italiana è stata pubblicata sulla rivista scientifica Nature.

Grazie ad essa sono stati individuati i fattori che regolano l’autofagia durante la crescita dello scheletro, consentendo agli esperti di individuare la cura delle patologie relative alla struttura ossea attraverso la sperimentazione di farmaci appositi.

Il processo di crescita dello scheletro di ciascun individuoè di fondamentale importanza per il corretto funzionamento dell’organismo, ed è in grado di prevenire l’insorgenza di problemi proprio durante questo processo. Tra questi, anche il manifestarsi di diverse patologie tra le quali l’acondroplasia, ovvero la più comune forma di nanismo. Questa malattia è geneticamente molto raraed è caratterizzata da un prematuro arresto della crescita delle ossa scheletriche.

I bambini colpiti da questa patologia osseasono infatti caratterizzati da una bassa statura e da arti corti rispetto al resto del tronco, mentre la testa è più grande del corpo. Inoltre, possono presentare caratteristiche anomale del volto: si tratta di malformazioni scheletriche che rischiano di causare uno sviluppo motorio ritardato.

Oggi è possibile essere sottoposti ad alcuni interventi ortopedici per migliorare le condizioni dei pazienti. Tuttavia, non esiste una terapia risolutiva. Queste patologie, infatti, sono causate dal malfunzionamento dei fattori di crescita. Sono chiamati FGF (Fibroblast Growth Factors, ossia Fattore di crescita dei fibroblasti) e sono i regolatori biologici del corretto sviluppo scheletrico che influenzano l’autofagia nei condrociti, le cellule deputate alla crescita ossea.

Lo studio ad essi relativo è stato condotto sui topi ed ha dimostrato come l’assenza del fattore di crescita FGF comprometta l’attivazione e il funzionamento del processo di autofagia, con gravi ripercussioni sulla crescita dell’apparato scheletrico. Attraverso la stimolazione dell’autofagia, mediante l’utilizzo di un farmaco, i ricercatori hanno osservato il completo recupero del difetto osseo.

Questo studio apre nuove prospettive. Non solo per tutti i pazienti affetti da malattie rare come l’acondroplasia, ma anche per quanti soffrono di disturbi più diffusi, ovvero quelli collegati al mantenimento delle funzioni scheletriche.

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