Per la maggior parte dei genitori questa scoperta non rappresenterà nulla di nuovo, però adesso c'è uno studio proveniente dal Canada a certificare il fastidio di un bebè che piange. Infatti, stando a una ricerca effettuata da un team di psicologi facente parte dell’Università di Toronto, il pianto dei bambini provocherebbe effetti importanti sul cervello, sino al punto da creare una sorta di conflitto fra le nostre varie funzioni cognitive, ossia mandando letteralmente in tilt il cervello e facendolo funzionare di conseguenza in modo differente rispetto alla norma.

Comportamenti alterati dal pianto

L'esito e i relativi risultati della ricerca sono apparsi sulla rinomata rivista scientifica ''Plos One''. Il campione era rappresentato da dodici volontari, ed a ciascuno di loro veniva chiesto di effettuare determinati compiti come ad esempio identificare i colori di una parola scritta senza prestare attenzione al significato, dopo però aver ascoltato i loro bebè piangere o ridere per almeno due secondi. Lo studio sul piano cerebrale è stato effettuato mediante l'ausilio di un elettro-encefalogramma e i risultati hanno posto in evidenza che coloro che avevano udito il pianto risultavano essere più lenti e prestavano meno attenzione in confronto a coloro che avevano invece ascoltato le risate dei bambini.

Dunque, si è dedotto che il pianto del bambino distraeva i volontari abbassandone il livello di attenzione in quanto automaticamente il cervello si ritrovava diviso tra la necessità di correre dal bebè e la volontà di terminare l'esperimento con le parole. Nel resoconto della ricerca canadese, si evince che un genitore si potrebbe trovare nella condizione di pensare e agire diversamente dal solito poichè il suo comportamento viene alterato dai capricci del piccolo figlio.

Focalizzarsi sulle effettive necessità dei bambini

Tuttavia, volendo analizzare i risultati sotto una lente positiva, sempre secondo gli studiosi canadesi questa sorta di conflitto che nasce a livello cerebrale nei genitori potrebbe insegnare loro a destreggiarsi in maniera più veloce e attenta tra i bisogni del bambino e le faccende domestiche.

Quindi, come sostiene uno degli autori dello studio di Toronto, David Haley, la scoperta prefigura un futuro più ''multi-tasking'' per i genitori, i quali potranno capire meglio le effettive necessità dei loro figli e anche i momenti in cui invece i pianti e i capricci possono essere sapientemente e benevolmente ignorati, acquisendo una vera e propria flessibilità cognitiva. Per concludere, le mamme e i papà dovranno saper valutare l’ambiente circostante e capire qual è la maniera migliore per rispondere alle esigenze dei loro bebè.