A seguito di diversi studi, i ricercatori di Roechester hanno identificato un deficit all'orecchio interno nei bambini affetti da autismo che può avere impatto sulla loro capacità di comprendere i discorsi. I risultati, che sono stati pubblicati sulla rivista “Autism Research”, potrebbero essere utilizzati inoltre per identificare i bambini a rischio malattia già in giovane età.

Questo studio, infatti, identifica un metodo semplice, sicuro e non invasivo basato su uno screeningdei bimbi che soffrono di questo deficit dell’ascolto e che, proprio per questo motivo, potrebbero essere associati all’autismo.

Anne Luebke, professore associato del Dipartimento di Biomedica, Ingegneria e Neuroscienze presso l'Università di Rochester e un co-autore dello studio, ha spiegato che "questa tecnica può fornire ai medici una nuova visione del disordine ASD (Autism Spectrum Disorder)" fino a permettere di intervenire e contribuire così al raggiungimento di risultati ottimali.

L’ASD è un disordine dello sviluppo neurologico caratterizzato da menomazioni nelle abilità sociali e comunicative, e si manifesta con comportamenti ripetitivi e ossessivi. Mentre molti segni della sindrome si presentano prima dei due anni, per la maggior parte dei bambini affetti, invece, quest’ultima non viene diagnosticata se non fino a dopo i quattro anni, il che implica un ricorso alle terapie correttive in ritardo, influendo negativamente sul loro impatto potenziale.

Fino ad oggi, infatti, una delle sfide più ardue per scienziati e studiosi della materia è stata quella di trovare un metodo efficace per identificare i bambini a rischio ASD. Si è scoperto, per esempio, che alcuni dei primi segnali si manifestano nella comunicazione uditiva ma, tuttavia, la maggior parte delle prove si basavano sulla parola ed erano dunque spesso inefficaci nei bambini (dato che molto giovani e con ritardi nella comunicazione).

In questo nuovo studio, invece, i ricercatori hanno usato una tecnica che misura le cosiddette “otoemissioni acustiche”. Il test è simile a quello al quale molti neonati sono sottoposti prima di lasciare l'ospedale al fine di verificare la presenza o meno di problemi di udito. In questo modo i ricercatori sono stati in grado di misurare le carenze uditive ascoltando i segnali lanciati dall'orecchio che sta avendo difficoltà a elaborare i suoni.

In particolare, se le cellule ciliate esterne all'orecchio interno non funzionano correttamente e non rispondono ai suoni, il dispositivo segnalerà che la funzione è compromessa.

“La diagnosi precoce potrebbe aiutare a identificare il rischio autismo consentendo ai medici di intervenire con largo anticipo sui più piccoli. Questi risultati, inoltre, possono ispirare lo sviluppo di nuovi approcci volti a correggere menomazioni dell'udito con apparecchi acustici o altri dispositivi in grado di migliorare la gamma di suoni che l'orecchio è in grado di elaborare" ha detto Loisa Bennetto, professore associato del Dipartimento di Medicina Clinica e Scienze in Psicologia presso l'Università di Rochester e un co-autore dello studio.

Poiché il test non è invasivo, è poco costoso, e non richiede al soggetto di rispondere verbalmente, questa tecnica può essere adottata addirittura per lo screening dei neonati. Ed è questo un approccio che la squadra sta attualmente esaminando sperando di migliorare i risultati raggiunti finora.